IL PRINCIPIO ETERODOSSO È ABOLIZIONE DEL DIRITTO E DELL'UNITÀ SOCIALE (II).
R.P. Luigi Taparelli D'Azeglio d.C.d.G.
Da: Esame critico degli ordini rappresentativi nella società moderna, parte I., principii teorici, Roma 1851 pag. 46-59.
PARTE I.
PRINCIPII TEORICI DEI GOVERNI AMMODERNATI
CAPO I. — IL PRINCIPIO ETERODOSSO È ABOLIZIONE DEL DIRITTO E DELL'UNITÀ SOCIALE.[*] (§. II n° 61-74)
61. Dagli esempii fin qui accennati di principii morali foggiati o
trasmutati arbitrariamente secondo il bisogno del momento nella nostra
Penisola, sembrami risultare evidente con quanto nostro danno corriam
pur troppo anche noi Italiani per quel pendio d'intellettuale
indipendenza che tende direttamente ad annullare ogni verità e
per conseguenza ogni d[i]ritto sociale. Ben potrà
sopravvivere, anche se volete in molti intelletti, qualche verità
individuale, capace di rannodare socialmente i consenzienti: ma questo
nodo, essendo puramente accidentale, e mancante di quel vincolo
esterno che chiarisce autorevolmente il vero, non può dare al d[i]ritto
l'evidenza del titolo, e per conseguenza neppur la forza del concorso
sociale; potrà produrre delle fazioni ma non mai l'unità
sociale. Mi spiego: altro è il d[i]ritto evidente
socialmente, altro quello che parla nei penetrali della coscienza:
siete conscio a voi medesimo d'aver ricevuto un prestito? la coscienza
intima altamente il dover restituire. Ma se non foste quell'uom
sì retto che io vi credo, e ricusaste la restituzione, il vostro
creditore troverebbe egli la via di costringervi in giudizio? Certo
che no, se non avesse usata la precauzione d'esigere da voi un'apoca [=
un contratto N.d.R.] in
iscritto. E perchè? perchè il vostro debito non essendo
visibile alla società, questa non potrebbe a lui
congiungersi per costringervi all'adempimento. In questo caso per
altro sarebbe legata almeno la vostra coscienza, la quale a dispetto
vostro v'intimerebbe di pagare al vostro creditore; talchè
formerebbe fra voi due una unità d'intelletto e di propensione
ragionevole, lasciando sussister soltanto il dissentimento della
passione. Ma quant'altri casi possono succedere e succedono realmente
tutto giorno, in cui due litiganti si persuadono con ragioni contrarie
e con tutta la lealtà d'uomini onesti a strapparsi
scambievolmente di mano la materia litigiosa! In simil caso ogni
ravvicinamento per individual propensione è divenuto impossibile;
ed appunto per questo necessaria diviene a mantenere il consorzio
civile l'autorità giudiziaria. Se questa vien meno,
verrà meno con essa l'unità sociale delle volontà
mancandone la base, la sociale unità d'intelletto.
62. Ed ecco appunto lo stato a cui la supremazia di ragione
individuale condurrebbe necessariamente l'Italia, se riuscisse lo
scellerato intento di ridurla a protestantesimo: sguinzagliate a
farneticar liberamente tutte le private opinioni, più non vi
porgerebbero un appiglio con cui collegarle. Citereste voi
l'autorità del Vangelo? l'interpreterebbero col Deodati. I
comandi del Principe? è servo della Camarilla.
La legge delle Camere? sono organi dipendenti dalla nazione. La
pluralità nazionale? non è ancora illuminata abbastanza:
tocca a noi l'illuminarla[1]. Fu
questa come voi ben sapete la condizion dell'Italia nei due anni ora
scorsi, simile ad ogni altro popolo che abbia rinnegato ogni principio
di autorità cattolica; senza la quale niun altro principio
può durar lungamente all'urto indomabile dei delirii individuali[2].
63. Se non che essendo
ugualmente impossibile all'uomo l'abbandonare ogni unità
sociale, impossibile alla società il rannodarsi senza qualche
unità d'idea; è pur giuoco-forza finalmente trovare un
elemento di d[i]ritto novello da sostituire
all'elemento cattolico: e questo elemento è l'Opinione,
madre tirannica della bastarda Legalità; sostituite, la prima
alla certezza cattolica, la seconda all'eterna giustizia.
Coll'Opinione e colla Legalità si è trovata una maschera
al dispotismo della forza brutale, e si conduce a poco a poco
qualsivoglia popolo anche più incivilito ad incurvar turpemente
le spalle al giogo, ringraziando ancora il dominator che lo calpesta.
Permettetemi, lettor cortese, di svolgere alquanto queste poche idee:
semplici come elle sono e trivialissime, pure giungeran forse nuove a
più d'uno: e chi sa? se non sarò accusato di ribelle, di
tracotante, perfin di stravagante e di pazzo, perchè non
riconosco l'autorità dell'Opinione, e la giustizia della
Legalità: tanto è vero aver già fitto profonde radici
in Italia il Protestantesimo!
Sì, signore; così va proprio la faccenda: quando manca la
certezza cattolica sottentra tiranna l'Opinione, la quale in sostanza
altro non è che la prevalenza della forza brutale sopra
l'intelligenza. Imperocchè che cosa è finalmente codesta
Opinione arrogantesi il titolo di re[g]ina
del mondo? Altro ella non è che la voce più
comunemente diffusa nella società. E
dico la voce e non la
sentenza, perchè non vi suppongo sì innocente e sì
nuovo in questo mondo, che non sappiate in qual modo ed a qual
fucina si fabbrica la così detta Opinione
pubblica. Qual è quel fanciullo ormai che non ne
conosca la ricetta? quattro o cinque paia di giornalisti venali,
poche centinaia di gridatori prezzolati nella plebaglia, e dieci o
dodici emissarii nella società gentile, formano in brev'ora la
pubblica Opinione [3], vale a
dire formano un concerto di pappagalli più o men plebei,
ripetenti in ogni angolo della città gli stessi spropositi e le
stesse ragioni, con tanto maggiore asseveranza quanto è
maggiore l'incapacità loro nel valutarne la forza. Or
ditemi se vi ha maggior tirannia che assumere per verità
inconcussa una voce sì insussistente d'una sì tenue
minorità? Ma voglio supporla voce ancora di un intero popolo per
concedere agli adoratori di codesto idolo più ancora di quel che
mai oseranno sperare: Qual d[i]ritto avrebbe l'intero
popolo d'impormi le sue idee? Io comprendo che possa stare in favor di
lui una qualche presunzione quando egli parla nel coro di tutte le
nazioni, e ripete la dottrina di tutti i secoli; giacchè in tal
caso egli ripete il primitivo dettato del Creatore spiegato ed
applicato con natural criterio agl'interessi sociali. Ma
se nel tumulto delle passioni, nel tramestìo degl'intriganti,
sotto il pungolo di un qualche urgente interesse un popolo anche
intero abbracci e sostenga un errore, può ella la delirante
moltitudine conferir all'errore verun diritto sugl'intelletti? Niun
altro per fermo se non il d[i]ritto di quei milioni
di braccia, che ella vende all'errore, dopo averle vendute alla
passione: ma non per questo cessa l'obbligazione nella moltitudine
di piegare ogni intelletto in ossequio del Vero, e nel Vero il d[i]ritto
di comandare agl'intelletti della moltitudine: questa
potrà stordirvi perchè migliaia di polmoni grideranno con
lei; potrà atterrirvi se non le consentite, perchè ha
più braccia di voi; ma l'ossequio dell'intelletto sarà
sempre natural tributo dovuto unicamente al Vero. Ed ecco
perchè io dissi l'Opinione una tirannia della moltitudine
sugl'intelletti.
Da questa tirannia nasce per natural conseguenza la tirannia della legalità cui vi prego,
lettor cortese, di ben discernere dal così detto criterio
legale. Quando vive in una società la giusta idea del d[i]ritto
da noi già chiarita, ne germina l'idea d'autorità, principio
legittimo della sociale operazione; e dalla autorità risulta un
giusto titolo ne' casi dubbii per guidare il proprio intelletto in
ciò che riguarda i pubblici interessi: nei quali il pretendere di
condurre un intero popolo senz'altra norma che il pensar di un
privato, sarebbe evidente ingiustizia che subordinerebbe il tutto alla
parte, sarebbe volere un effetto maggior della causa, giacchè da
causa privata trarreste effetto pubblico. Allora è chiaro potersi
assumere per guida della pubblica operazione la cognizione pubblica,
ossia il criterio legale. Ma questo che ha valore dalla autorità
legittima pei casi dubbii, può egli applicarsi ugualmente nei
casi certi, e all'opinar delle moltitudini? e
tosto che sarete riuscito sorprendere e strappar di mano ad un
Parlamento o ad un magistrato un'ingiusta sentenza, potrete voi
procedere senza scrupolo di sorta alla strage dell'innocente? [4] La legalità
ve l'accorda e vi assolve, ma la coscienza?....
64. Eppure tal'è ormai in
molte persone anche assennate il pervertimento delle idee, che le
ingiustizie ancor più solenni sembran giustificate o almeno
scusabili, quando si scocchino a voce comune [5]:
«Si sono osservate le forme, i suffragii sono stati liberi, con
prova e controprova.» Ognuno se ne lava le mani, ed a ragione;
conciossiachè non avendovi in una società protestante
nulla di vero o di falso accertatamente, niun tribunale che
autorevolmente lo accerti, solo il numero può dare una ragione
di preponderanza a questa o quella sentenza. Se la ragion del numero
non si ammetta, la società non avrà alcun principio per
riunirsi volontaria, nè alcuna forza per costringere i
riottosi: adottato il principio delle prevalenza numerica, si
ottiene il vantaggio che il d[i]ritto si congiunge essenzialmente colla forza.
Il che val poi quanto dire che la forza si identifica col d[i]ritto:
ultimo funestissima risultato dei principio protestante in questa
materia. Sì: ammesso codesto principio, o bisogna che la
società perisca, o che la forza sottentri al d[i]ritto,
l'Opinione alla verità, gl'individui agglomerati alla
società. «Ecco, dice egregiamente il Kersten, ecco a che
giovano quei falsi principii di assoluta indipendenza, sopra dei
quali fabbricar si vorrebbero da certuni le moderne costituzioni dei
popoli: essi giovano meravigliosamente a dare all'oppressione un
aspetto di legalità [6]».
65. Or chi potrà poi enumerare le funestissime conseguenze di
tal sostituzione? Credo inutile internarmi in codesta cloaca che mi
strascinerebbe a perlustrare tutti gli orrori della tirannide e della
pessima fra tutte le tirannidi, il dispotismo della moltitudine;
dispotismo a cui non so come si adagino sì docili coloro che
gridano senza posa contro arbitrio.
Non debbo peraltro terminar questa materia senza alcune osservazioni
sulle essenziali proprietà ed influenze del Governo
numerico. «Se il numero è quel che governa, dicono
i fautori di codesto sistema, avremo almeno la certezza che la
felicità sociale sarà retaggio del maggior numero.»
66. Chi così discorre mette la felicità negl'interessi
della terra, e soppone che il maggior numero di un Parlamento
equivalga al maggior numero della nazione: doppio errore che qui solo
accenno perchè ne ragioneremo fra poco: per ora facciamo un'altra
osservazione. Il maggior numero in un'adunanza deliberante come si
suol congiungere? O per deferenza all'autorità, o per combattere
la prevalenza di un partito. Lasciam da parte il primo caso in cui
niegasi di fatti il principio protestante accettando l'impulso di
un'autorità; e consideriamo solo il secondo. Che cosa deve
accadere ed accade realmente nelle lotte dei parlamenti, quando vien
meno l'influsso del d[i]ritto riconosciuto e
dell'autorità? Che tutti i partiti sconfitti debbono riunirsi,
quando un solo prevale, a formare tutti insieme una pluralità a
lui contraria; la quale strettamente compatta fino al dì che
riesce ad atterrarlo, ricomincerà a battagliare il giorno
appresso. La prevalenza dunque del numero andrà perpetuamente
oscillando fra i varii partiti; ed appena un di essi sarà giunto
all'apice della piramide sociale, gli si addenseranno all'intorno come
mastini gli altri tutti, finchè giungano coi latrati e coi morsi
a precipitarnelo. Questa è, come ben voi sapete, la storia di
tutte le Repubbliche e di tutti i Governi poliarchici fondati fino al
dì d'oggi sullo spirito protestante: e l'Italia nostra nei soli
trenta mesi di sua rivoluzione ha potuto pigliarsene una satolla:
giacchè ha veduto succedersi i Ministeri con tal rapidità,
che certi Ministri ebbero il portafoglio per meno di ventiquattr'ore.
Or che altro è d'ordinario il cangiamento di Ministero se non
cangiamento della pluralità? E il peggio si è che codesto
cangiamento, benchè oscillando fra il d[i]ritto e
la forza, pure è realmente in perpetuo progresso verso
l'anarchia; proprietà consueta di tutte le lotte fra il d[i]ritto
e la forza. In quella guisa che i concordati tra il Pontefice e i
Governi producono per lo più un sempre maggiore inceppamento
della Chiesa, perchè sempre ne assumono le anteriori concessioni
come non revocabili, chiedendone sempre delle nuove; nella stessa
guisa il partito anarchico assume sempre come d[i]ritti
già acquisiti anzi ricuperati, tutti quelli ch'egli ha già
strappato all'autorità governante, e procede oltre all'acquisto
di nuove libertà; si
vale insomma di tutti i partiti intermedii, secondo il noto precetto
del Mazzini, come di mezzi a fare i primi passi, abbandonando poi
tosto, osteggiando, infamando quei dabbenuomini che si arrestano a
mezzo il cammino. Insomma egli vuole (permettetemi l'espression
proverbiale) trarre la castagna
d'in su le brage colla zampa del gatto: e poi? ..... sapete
come si trattano i gatti: o
se nol sapeste potete ricordarvi come furon trattati i moderati
divenuti codini; potete leggere l'Andreozzi nella vita di Carlo
Alberto a pag. 155 [7]. Or
quale speranza di bene può aversi in una perpetua mutazione non
solo di persone ma di principii governanti? Finchè regna un
principio di giustizia riconosciuto, finchè si sa chi ha d[i]ritto
o torto secondo l'eterne idee di verità, la mutazione personale
può cangiar gl'interessi ma non cangia l'ordine delle idee e
dei d[i]ritti; può impedir qualche bene, ma non
ne sterpa la radice. All'opposto quando non v'è più
nè ordine, nè verità, nè d[i]ritto
se non nelle proporzioni numeriche dei proseliti di questa o quella
setta, di questa o quella fazione, allora è chiaro che ogni
mutazion di governo importa mutazion di principio.
67. E la conseguenza è sì evidente che nessuno se ne
adombra; anzi è cerimonia ormai ammessa nel rituale diplomatico,
che ogni nuovo Ministero pubblichi il suo programma come gli antichi
Proconsoli romani nell'atto d'incamminarsi alla lor provincia, per
farci sapere quello che
sarà giusto nei pochi mesi di sua sopravvivenza: ogni Ministero
accetta in tal guisa formalmente il principio protestante, la libertà di ragione nel
giudicare intorno alle più sublimi verità morali [8]. Dite altrettanto di molti
autori anche cattolici, i quali accettano senza scrupolo il principio
professando col ch. Cibrario: «Io rispetto tutte le opinioni che
muovono da intimo convincimento.» Il
ch. A. che conosce, come cattolico, una verità assoluta, ben
può compatir chi
n'è orbo, ma rispettarne l'errore
non mai: rispettate voi in un infermo la febbre, la cancrena?
68. Bandita poi in tal guisa al cospetto di un'intera nazione dai
più saggi (almen presuntivamente), dai più illuminati, dai
più influenti suoi cittadini l'impossibilità di conoscere e
di applicare con certezza le leggi immutabili dell'eterna giustizia;
professata officialmente quella
riverenza al santuario della
coscienza, che nel linguaggio protestante significa
riverenza ad ogni errore per impotenza di conoscere la verità,
qual sentimento potrà seguirne nel popolo? Raccapriccio al
pensarvi; ma si tratta di un fatto e non di una induzione: il
popolo perderà nonchè il rossore, perfino l'idea, del
delitto; e qual freno rimarrà più a contenere le
moltitudini? donde trarrete baionette o per cui mano le maneggerete?
69. S'incominciò dall'abolire i delitti religiosi,
giacchè in Religione ogni
uomo è libero: si passò ai delitti politici, e voi sapete
che nessuno ormai sente più vergogna di codeste colpe: «Son
delitti d'opinione: oggi è delitto la mia, domani la tua.»
Ma il trionfo delle opinioni politiche esige una guerra civile,
tumulti, macchine infernali, barricate, coltelli, grimaldelli, ecc.;
or il d[i]ritto al fine include d[i]ritto
ai mezzi, giacchè ogni d[i]ritto è per
sè coattivo: dunque non v'è più rossore nell'assassinio
e in ogn'altro simil misfatto quando è tinto di politica; anzi
è atto d'uom forte e di cittadino generoso. Ma se le opinioni
sono rispettate nell'ordine politico, perchè non si
rispetteranno ancor nel civile? Vi è forse per queste opinioni un
tribunale infallibile? o cessa al frontispizio del codice civile
l'infallibilità della ragion privata e la riverenza dovuta al santuario della coscienza? Spero
che non vogliate essere sì incoerenti da asserirlo; e per[ci]ò
quando il Comunista è convinto dell'ingiustizia nella ricchezza
sfondolata dei proprietarii, del dover di abolirla
imposto dal S. Vangelo, non vorrete pretendere ch'egli debba
resistere ai dettami di sua coscienza, o arrossire dell'averli
adempiuti. Quanto meno poi
dovrà uomo arrossire di mille altre, che il pregiudizio
dei nostri vecchi chiamò colpe morali, brutali
disonestà; ma che la mia ragione non trova nè condannevoli
nè vituperose! Ecco dunque eliminate tutte le idee di colpa
nell'ordine religioso, politico, civile, morale; ecco reso
impossibile ogni rattento di coscienza, di d[i]ritto
e perfin di vergogna; ecco trasformata la morale in un'Opinione
di cui sarà scuola il patibolo, professore il boia, argomento la
mannaia. Italiani, a qual freno dovranno allor ricorrere i vostri
Governanti?
70. Alla forza, sì, diciamolo, ripetiamolo arditamente, alla
forza: la forza è l'unico mezzo di società che rimane al
Protestante che vuol esser logico. E siccome il mezzo unico di
salvezza diviene un d[i]ritto nella società; il d[i]ritto
nella società protestante è la forza: ed è questo il
bel principio di unità di che fan regalo all'Italia gli spasimati
suoi adoratori; è questo il d[i]ritto con cui ci
governerà nel secol d'oro il frate apostata di Wittemberg:
esaminate pure, analizzate, crivellate questo breve mio scritto:
son certo che non potrete campare dalla terribil logica di questa
conseguenza: qua sono giunti con codesto principio gl'Illuminati di
Weishaupt dialettici esplicatori di codesti principii, che qui vi
riepilogo in poche parole.
71. Che cosa è d[i]ritto? È poter morale
nato dall'idea di un ordine
obbligatorio: dunque tolta l'unità d'idea, è tolta
l'unità nella nozione del d[i]ritto. Che vuol dire
Protestantesimo? Vuol dire indipendenza della ragion privata:
l'indipendenza della ragion privata toglie ai giudizii ogni esterno
principio di unità: internamente non è all'uom naturale ed
essenziale un determinato giudizio, specialmente nell'ordine pratico;
dunque il Protestantesimo abolisce l'unità d'idea, l'unità
di d[i]ritto.
72. Ma senza unità di d[i]ritto o almen di
giudizio la società è impossibile, come è impossibile
l'uomo naturalmente socievole senza società: dunque de[v]e
trovarsi un altro principio d'unità intellettuale sotto pena di
perdere la società e l'uomo. Ma tolto
ai giudizii l'intrinseco valore di verità, tutto il valore
estrinseco si riduce al numero; dunque la società dev'essere
governata necessariamente dal
numero dei giudizii, vale a dire dall'Opinione speculativa, e dalla
legalità pratica.
Sente però ciascuno che il numero, per lo più di stolti [9], non ha alcun d[i]ritto
sui privati intelletti ligii essenzialmente
alla verità; dunque tutte le leggi fondate sul numero,
non legano la coscienza, dunque la loro infrazione non è delitto,
non è vergogna, e può esser dovere [10]:
dunque, volendoci pure un'unità nella società, ogni Governo
ha d[i]ritto a costringere colla forza le ripugnanze
della coscienza: dunque poichè il Governo appartiene alla
pluralità, chiunque è certo di sentire coi più ha il d[i]ritto
d'impossessarsi del Governo colla forza.
73. Sì, lo ripeto, è questa, Italiani, l'unità sociale
che vi promettono le novelle idee razionalistiche che tra voi si
spandono dai fervidi amatori della
Unità italiana; i quali si affrettano a svellere fino dalle ime
barbe quel sacro principio di religiosa concordia, che formò
dell'Italia finora non un sol Governo materialmente congiunto dal
centralismo burocratico, ma
un solo popolo animato, unificato dallo spirito cattolico. Congiunti
sempre dai tempi di Costantino fin oggi per religioso consentimento,
dall'una all'altra costiera e dall'Alpi all'Ionio, potemmo, dovemmo
chiamarci fratelli. Dall'alto di sua croce pendente l'Uomo-Dio vedea
tutte le fronti italiane chine al cospetto di lui sulla polvere,
imploranti dall'amor suo ogni bene della terra, non come felicità
agognata, ma come mezzo di sostentamento di chi va pellegrino verso
una regione troppo più lieta e serena che non è questo
nostro ciel di zaffiro. La speranza di un ben sì grande ci rendea
forse men curanti d'ingrandimento terreno, men desti a produrre, meno
industriosi ad artificiare, meno accorti a negoziare: agricoltura,
manifattura, commercio, vapori, navigazioni, e quella enciclopedia di
cognizioni che dalla attività delle corrispondenze mercantili
mirabilmente si accresce, non fiorivano in Italia come fioriscono
presso altre nazioni eterodosse: gran torto invero ed imperdonabile al
cospetto di un secolo per cui la materia è tutto, lo spirito
nulla. Ma appunto per questo erano minori fra noi le rivalità,
l'antagonismo, le divisioni: ma l'Italia era una nel pensiero, una
nell'affetto, una nella vita domestica, una nella religiosa, una nella
civile. Mancava solo l'unità politica, e questa ci vien promessa
oggidì dalla Riforma che c'invade, corteggiata da immenso corredo
di quelle ricchezze ch'ella adora, e di quei tanti mezzi di
produzione, che germoglieranno, dice, sotto i suoi passi,
tostochè ella sia riuscita ad estinguere nei cuori italiani
l'amore esclusivo del Cielo, surrogandovi l'inestinguibile sete
dell'oro. Che ve ne pare, Italiani cattolici, avrem noi fatto un
cambio adeguato, se per vantaggiar la Patria negli ordini materiali
avrem perduta l'essenza dell'unità sociale? Se colle perle e i
diamanti dell'India potremo ingemmare il cadavere, il solo cadavere
dell'unità italiana non più avvivata dalla grande idea del d[i]ritto
fondato in natura, o dell'eterna Giustizia reggitrice degli uomini,
non già lor creatura. A questo riuscì finalmente la
sconsigliata Albione, a questo è incalzata dal pugnal dei
comunisti la società francese (1850); e le mirate entrambe fra i
colpi sanguinosi della orda che le minaccia alzar le grida estreme, e
tender tremanti le palme allo spirito cattolico, ultima ed unica loro
speranza. E in faccia a codesto spettacolo compassionevole; in faccia
all'agitazione germanica, che, sotto pretesto di unir la patria
comune, le minaccia non lontano l'eccidio; in faccia alla cancrena
universitaria che già mostra intaccati i visceri dell'autocrazia
boreale: in faccia, diciamolo in una parola, allo sfacelo universale
della società protestante, si trova un Italiano, si trovano forse
mille Italiani, che alla lor madre cattolica, dando l'amplesso e il
bacio dell'Iscariote, osano promettere unità se si lasci
innestare codesta cancrena!
74. Unità senza spirito! Unità. senza ordine! Unità
senza d[i]ritto!... Italiani, scegliete: spalancate, se
vi piace, la chiostra delle Alpi a quei mostri, cedete loro colla
tirannia dei vostri torchi l'assoluto arbitrio dei vostri pensieri:
vendete per amor del commercio e della libertà i concittadini, i
domestici, i figli, le spose a codesta schiavitù di seduzione, e
d'inganno. Ma vi ricordi, che
se lo sconvolgere le opinioni di un popolo è giuoco diabolico
di un anno, il riordinarle è pianto di secoli: che quando,
pervertite le idee, corrotti i costumi, pubblicata la maldicenza,
affilati i pugnali, inebriate d'avarizia e di strage le turbe,
invocherete, per arrestarne il fremito, d[i]ritti
umani e Religione celeste, codesti vocaboli avran perduto ogni
forza: saran vostre opinioni.
NOTE:
[1] «Nè diciamo questo
per cieca venerazione al suffragio universale: il suffragio
universale, dove non si costituisca interprete d'un fatto accettato
dall'associazione, e non s'illumini con una educazione nazionale
è metodo sterile ed incerto.» (Mazzini:
Della santa alleanza de' popoli,
pag. 8).
[2] Troviam questa verità
dimostrata da un Autor non sospetto nell'Indépendance
belge 9 aprile 1850, pag. 2 colonna prima, citata
(benchè erroneamente sotto il 10) e confermata nel Giornale
storico di Liegi. «La souveraineté nationale .... a un
pouvoir absolu et incessant sur une constitution, qu'elle domine comme
le cause domine l'effet, comme le principe domine la conséquence;
sur une constitution qui ne peut, sous aucun rapport, être un
contrat, parce que l'autre contractant n'existe pas et ne peut exister
... autrement, un effet du droit prévaudroit sur le droit
lui-même, ce qui est absurde en fait; car il en résulteroit
qu'un peuple qui se gouverne, ne pourroit pas se gouverner, et que par
cela seul qu'il se seroit donné par ses délégués
une constitution funeste en elle-même ou devenue telle par le
changement des choses, il devroit mourir à ses pieds plutôt
que de la changer! Donc, le peuple peut réviser, modifier,
abroger la constitution, en faire ce qu'il lui plaît.»
Journal historique et littéraire de Liège F. XVII L. 1, pag.
58 e seg.
Lo stesso osserva lo Statuto
22 Luglio: «... Da questa babelica confusione due verità
sono fatte palesi agli occhi di tutti. Il discredito che viene al
sistema rappresentativo per la permanenza delle Assemblee. Il pericolo
che vi è nel riporre i destini di un popolo in balìa di una
sola Assemblea. Così vediamo di mese in mese cambiarsi e
rinnovarsi le leggi fondamentali dello Stato: così vediamo i
partiti parlamentarii pressochè ridursi come gli eserciti dopo
una campagna troppo prolungata: e le Commissioni disfare i progetti
del Governo, ed un individuo disfare l'opera delle Commissioni, e
dell'Assemblea.»
[3] Eccone un esempio
recentissimo:
«Dopo la seduta dell'Assemblea del 18 in cui fu letta la
relazione sulla riforma elettorale, molti emissarii si misero a
percorrere le vie di Parigi dandone notizia e spargendo mots
d'ordre.» (L'Armonia
24 maggio 1850).
[4] Questo è stato il caval
di battaglia del Governo piemontese contro l'Arcivescovo di Torino.
(V. Nota al March. Spinola in
risposta al Card. Antonelli).
[5] La Frusta
l'ha detto espressamente: «se anche la legge fosse
ingiusta e' bisogna pure osservarla.» Campana
11 maggio 1850.
[6] Ils sont merveilleusement
propres à donner un air de légalité à
l'oppression. (Journ. hist. de
Liège T. XVII, L. 1, pag. 135.)
[7] Eccone un brano a cui
l'avventatezza non toglie molte parti di verità.
«Maledizione ed infamia sui capi di coloro, che governando allora
le cose, non seppero tirar profitto di quelle straordinarie condizioni
di un popolo levato; ma soffocatone l'entusiasmo e ricacciatolo
nell'egoismo, suscitarono negli animi italiani le più vili ed
abbiette passioni. E costoro tentarono ricoprire la loro inettezza col
decorarsi del nome di moderati.
E persuadevano al volgo d'aver essi il privilegio del senno
pratico nelle cose di Stato; e con quel loro dire continuo doversi operare con senno,
credevano d'aver senno, e non avevano senno; perchè le loro idee
erano sempre più addietro di quello che i tempi concedevano.
Predicavano unione e concordia, e poi perseguitavano accanitamente
come nemico chiunque non consentiva alle idee loro grettissime. Furono
ministri e non seppero trovare altro mezzo di governo che la
consorteria e la ipocrisia; per l'una si fecero faziosi, e propalarono
la differenza e la calunnia nei popoli; per l'altra insospettirono i
principi, e questi non portarono alla causa italiane che un soccorso
mentito. Volevano coloro governare colle arti celate dei Ministri del
medio evo; mostrando dimenticare quello che già fece udire
Roberto Peel dalla tribuna inglese: la
migliore politica ai nostri giorni consistere nella bontà dei
principii, e nella franca esposizione delle proprie vedute».
[8] Il deputato Chenal
ha pronunziata esplicitamente questa formola senza verun richiamo
nella Camera torinese. A part
l'existence de Dieu et quelques croyances éternelles....
acceptées par tous les peuples, le reste est soumis et
continuera d’être soumis à des appréciations
diverses, infinies.
[10] «Après avoir
édité ce qu'il lui a plus, comment ose-t-elle (la
société) punir ceux qui violent une loi qu'elle seule a
faite?» Proudhon.
La révolution sociale
démontrée par le coup d'État du 2 décembre;
citato dalla Revue des deux mondes
tom. XVI nouvelle période, pag. 1160.
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