sabato 10 dicembre 2016

L'apostolato Cattolico (I)

R. P. Giovanni Perrone d. C. d. G.

Prefetto Degli Studii Nel Collegio Romano
Da: L'Apostolato cattolico e il proselitismo protestante ossia L'opera di Dio e l'opera dell'uomo, parte I, L'apostolato Cattolico, Genova 1862 pag. 5-33
Il bel nome di Apostolo fu consacrato dalle labbra medesime del divino Redentore, quando, come narrasi da san Luca, dopo aver passata la notte sul monte orando, fattosi dì, chiamò i suoi discepoli e dodici ne trascelse, cui diede il nome di Apostoli; Factum est autem in illis diebus, exiit in montem orare et erat pernoctans in oratione Dei, et cum dies factus esset, vocavit discipulos suos, et elegit duodecim ex ipsis, quos et Apostolos nominavit [1]. Così quel nome, che secondo la sua naturale significazione dinota un messo o legato spedito ad annunziare ed a trattare a voce autorevolmente qualche grande affare, nella bocca di Cristo fu consecrato qual nome di dignità e di officio divino, ond'Egli distinse i primi banditori dell'Evangelio, ch'Egli stesso mandò a predicare per tutto il mondo. Con tal nome Egli raccomandò ai popoli questi suoi eletti discepoli; siccome quelli che non si assumevano da sè stessi l'officio di predicare, nè insegnavano le proprie dottrine, nè cercavano la loro gloria, ma erano mandati dal divin Redentore siccome nunzi dei suo Vangelo per la gloria di Dio e per la salute delle anime.

martedì 6 dicembre 2016

I Gesuiti. Favole e leggende.

La Civiltà Cattolica

anno 59°, vol. II (fasc. 1392, 12 giugno 1908), Roma 1908 pag. 721-726.
È frequente nella storia il formarsi attorno a persone, a istituzioni, o anche a semplici avvenimenti, una nube di leggende così fitta, che dia le traveggole anche ad uomini chiaroveggenti e assai bene intenzionati. Ma la nube diviene addirittura fosca tenebria, quando all'errore della immaginazione si aggiunga l'argomento della mente, il malvolere e la potenza, con l'arte e la calunnia del tristi.

martedì 22 novembre 2016

LA MORALE DEI GESUITI IN TRIBUNALE

La Civiltà Cattolica

anno 79°, vol. II (quad. 1868, 14 aprile 1928), Roma 1928 pag. 122-134.
«Il fine giustifica i mezzi?» È lecito a chi si propone un nobile intento, far uso di mezzi essenzialmente malvagi per raggiungerlo?, e in tal caso si può ammettere che i mezzi malvagi adoperati, vengano purificati, santificati dal fine al quale sono diretti?

mercoledì 16 novembre 2016

IL PROCESSO HOENSBROECH-DASBACH DI COLONIA

La Civiltà Cattolica

anno 56°, vol. IV (fasc. 1327, 26 settembre 1905), Roma 1905 pag. 3-19.
SOMMARIO: I. I gesuiti non hanno nè possono avere altre dottrine che quelle della Chiesa. — II. Vertenza Hoenshroech-Dasbach e processo di Colonia circa la famosa massima: «Il fine giustifica i mezzi». — III. Esposizione dei motivi per la sentenza di assoluzione. — IV. Testimonianze non sospette sul valore della causa e della sentenza. — V. Riflessione i conclusione.

I.

«Quando si vorrà fare il processo alle dottrine dei gesuiti, si dovrà pur farlo a quelle della Chiesa cattolica.» Queste parole, rivolte da Enrico IV di Francia, or son già più di tre secoli, alla deputazione del parlamento parigino, contengono una verità storica evidentemente dimostrata.

giovedì 10 novembre 2016

LA REGOLA FILOSOFICA DI SUA SANTITÀ LEONE P. P. XIII. PROPOSTA NELLA ENCICLICA AETERNI PATRIS (V) [1]

R.P. Giovanni Cornoldi d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno XXX, serie X, vol. XII (fasc. 707, 25 novembre 1879), Firenze 1879 pag. 529-547.

IV.

Seguita dei conseguenti

L'esecuzione della Regola Filosofica

Il Santo Padre Leone XIII comunicò a tutti i Vescovi della Chiesa l'idea dell'insegnamento filosofico cristiano. Ciò fu necessario; ma non è tutto. Per certo fu gran cosa che Michelangelo abbia concepita l'idea della statua del Mosè, nè questa avrebbe avuto l'essere senza l'esemplare ideale; ma ciò che sopra tutto importava era l'attuazione nel marmo dell'idea stessa. La società non può essere guarita colle sole idee dei rimedii acconci a ridonarle la sanità; sì dalla applicazione dei rimedii. Per la quale cosa il medesimo Santo Padre eccitò i Vescovi e, per essi, tutti quelli che sono sotto la loro giurisdizione, a porre i mezzi opportuni per incarnare nel fatto l'ideato filosofico insegnamento. Quindi essi certamente con ogni studio, costanza, lealtà, franchezza e fortezza si adopreranno a tale scopo. Dicevamo studio, perchè dalle cose discorse ben si vede che non è cosa leggiera ordinare l'insegnamento della cristiana filosofia, ma grave ed intricata: costanza, perchè, qualora que' che debbono invigilare chiudano o torcano l'occhio, naturalmente l'insegnamento si guasterà; lealtà, perchè questi non debbono aggiustare l'idea del Papa alla propria, alterandola e mutandola, ma viceversa la propria a quella del Papa: franchezza, perchè se per ciò fare fosse necessario opporsi ad una tal quale pubblica opinione, comechè falsa, l'umano riguardo, anche in persone altolocate e per dignità eccellenti, si risente: finalmente fortezza, mercecchè avvisiamo che assai spesso si richiederà più forza per togliere i moderni pregiudizii in fatto di scienza e per usare tutti que' mezzi che sono necessarii ad eseguire la Regola Filosofica, di quello che sia a compiere imprese che paiono grandi e di difficile riuscimento nell'ordine fisico o materiale.

venerdì 28 ottobre 2016

LA REGOLA FILOSOFICA DI SUA SANTITÀ LEONE P. P. XIII. PROPOSTA NELLA ENCICLICA AETERNI PATRIS (IV) [1]

R.P. Giovanni Cornoldi d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno XXX, serie X, vol. XII (fasc. 708, 6 novembre 1879), Firenze 1879 pag. 425-443.

Seguita dei conseguenti

L'uomo non è atto al faticoso travaglio esterno se nel suo interno non sia ben disposto. Il difetto della conveniente armonia nell'umano organismo e il contrasto delle facoltà, onde derivano le operazioni, lo rende malaticcio, debole, incapace di operare con energia e costanza. Così una società, prima di pensare ad esterne conquiste o difese contro assalitori stranieri, debbe studiarsi di avere in sè stessa ordine, unione di cuori, consonanza di principii: altramente, più che gli esterni nemici, potranno stremarla e discioglierla le sue stesse infermità intestine. E poichè è impossibile che ci sia unione sincera e stabile nell'errore, e se la ci fosse sarebbe il massimo danno, mercè che i socii in tal caso camminerebbono nelle tenebre, così la verità deve presiedere quale guida dei socii nel tendere armonicamente al fine comune.

venerdì 21 ottobre 2016

LA REGOLA FILOSOFICA DI SUA SANTITÀ LEONE P. P. XIII, PROPOSTA NELLA ENCICLICA AETERNI PATRIS (III) [1]

R.P. Giovanni Cornoldi d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno XXX, serie X, vol. XII (fasc. 705, 22 ottobre 1879), Firenze 1879 pag. 272-290.

III.

I conseguenti

Mettiamo mano al terzo articolo di quel Commentario che ci siam proposti di fare sopra la Regola Filosofica che ci viene data dalla Santità di Papa Leone XIII nella stupenda sua Enciclica Aeterni. Patris, e trattiamo dei conseguenti. Quali saranno i conseguenti di questa Ordinazione della Sede Apostolica? Qualche lettore forse farà qui un risolino di scherno, quasi noi volessimo pigliare un'aria profetica sopra gli umani eventi futuri; cosa poco filosofica e che di leggieri fa perdere il credito (e l'abbiam veduto a' nostri dì assai bene) a chi non ha veramente un lume tutto proprio dall'alto. Ma se a prevedere gli umani eventi, conoscendoli in sè medesimi o con assoluta certezza, prima che avvengano, si richiede uno straordinario lume, nondimeno a prevederli con grande probabilità o con certezza morale, per cognizione derivata dalle cause fisicamente ed assolutamente non con loro connesse, assai spesso basta il lume naturale di ragione. Se tu porgi cibo squisito ad un affamato, non potrai tu predire ch'ei lo mangerà? Eppure ei farà ciò con piena libertà, di guisa che potrebbe non farlo. Così con morale certezza possiamo predire gli atti ove pravi, ove virtuosi di coloro che sono gagliardamente inclinati dall'abito del vizio o della virtù. Per[ci]ò quell'adolescens iuxta viam suam etiam cum senuerit non recedet ab ea, alla filosofica ragione sembra chiaro, ed esser deve uno stimolo efficace a dare a' giovanetti buona istruzione ed educazione. [Prov. XXII, 6: «Il giovinetto, presa che ha la sua strada, non se ne allontanerà nemmeno quando sarà invecchiato.» Mons. Antonio Martini così commenta: «Volgasi egli (il giovinetto) al bene od al male, non saprà più, nè vorrà cangiar di costume neppur nella età avanzata. Errano adunque quei genitori, i quali lascian (come suol dirsi) la briglia sul collo de' giovanetti sperando di correggerli, quando saran cresciuti d'età: e frattanto fortificandosi ogni dì la prava consuetudine si riducono ad essere incorriggibili.» N.d.R.] Da tutto ciò possiamo inferire che il predire gli atti umani, considerando l'indole e la disposizione del principio onde derivano, è faccenda tutt'altro che aliena dal filosofo; anzi a lui specialmente appartiene, perchè a lui spetta scender dalle cause agli effetti, dagli antecedenti ai conseguenti. Ma entriamo in carreggiata. Anzi tutto consideriamo quale dovrà essere l'atteggiamento dei dotti, degli scienziati, dei filosofi innanzi a questo documento della Sede Apostolica. Di cotesti parliamo, perchè il volgo, che agli studii non volge l'animo, o i letterati, che di belle lettere solo si dilettano, naturalmente non si daranno gran fatto pensiero della Regola filosofica del Santo Padre, oppure ripeteranno il giudizio di quei tra i primi che loro sono maggiormente congiunti col vincolo dell'amicizia o alla cui autorità sono avvezzi a deferire. Que' che sopra dicevamo in varie classi debbonsi dividere, e di queste classi abbiamo noi a ragionare partitamente.

venerdì 14 ottobre 2016

LA REGOLA FILOSOFICA DI SUA SANTITÀ LEONE P. P. XIII. PROPOSTA NELLA ENCICLICA AETERNI PATRIS (II) [1]

R.P. Giovanni Cornoldi d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno XXX, serie X, vol. XII (fasc. 704, 9 ottobre 1879), Firenze 1879 pag. 165-183.

II.

La Regola Filosofica considerata in sè stessa

La sentenza del giudice non piace a' colpevoli e la rabbia di questi contro di quello è in proporzione della loro malizia. Inoltre per quell'inclinazione ch'è figliuola del primo peccato, per la quale nitimur in vetitum, [«Nitimur in vetitum semper cupimusque negata. — Bramiamo sempre ciò che è vietato, e desideriamo ciò che ci è negato.» Ovidio, Amores l. III. N.d.R.] l'uomo, comechè di buona volontà, deve, più o meno, combattere con sè stesso e vincersi a portare il giogo della legge che infrena la sua libertà morale, specialmente se avvenga che gli sia imposto di lasciare un sentiero in cui da prima si dilettava, e batterne altro che non gli andava a talento. Questa considerazione ci conduce a distinguere due classi di persone alle quali ci conviene avere uno speciale riguardo, discorrendo sopra la Enciclica. La prima è degli avversarii colpevoli e dichiarati della Sede Apostolica, i quali infuriano contro la Enciclica e contro Leone, dobbiamo pur dirlo, da dissennati, mostrando di non intendere ciò che dicono. La seconda è degli uomini dotti, ossequenti alla Sede Apostolica, cattolici sinceri, eziandio uomini di Chiesa; la via battuta dai quali nello insegnamento filosofico, non era propriamente quella che ora ci addita Papa Leone. Quelli voglionsi, se la cosa è fattibile, tornare in cervello; questi confortare: e tutto ciò si può ottenere con un mezzo assai semplice, ch'è considerare la Regola Filosofica in sè stessa, nella sua portata, senza svisarla con interpretazioni talvolta inconsulte, talvolta indiscrete e bistorte, che le si danno da molti, e per le quali appunto essa viene in dispetto, o sembra inopportuna e soverchiamente gravosa.

venerdì 7 ottobre 2016

LA REGOLA FILOSOFICA DI SUA SANTITÀ LEONE P. P. XIII. PROPOSTA NELLA ENCICLICA AETERNI PATRIS (I)

R.P. Giovanni Cornoldi d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno XXX, serie X, vol. XI (fasc. 702, 9 settembre 1879), Firenze 1879 pag. 657-672.
Al tempo della quarta crociata, gli eserciti latini circondavano Costantinopoli dalla parte di terra; in quella parte che si specchia nel Bosforo combattevala l'armata veneziana. Grande era il valore di quegli eserciti: ma perchè non coordinato sapientemente da un abile duce, si stremava in vani attacchi; schiere d'eroi irrompevano contro le mura della greca città e s'infrangevano come onde frementi contro immobile rupe. La battaglia cangiò d'aspetto quando Enrico Dandolo, pressochè ottuagenario, Doge e condottiero dell'armata navale, montato in poppa della capitana, arringò i suoi e loro intimò la maniera che subito doveano tutti tenere nell'assaltare la città. Alla voce del valoroso vegliardo, tutte le navi veneziane accostaronsi alle mura e in un baleno, per usare la parola dello storico di Innocenzo III, in un baleno sbarcati i prodi conquistarono venticinque torri e sopra piantatavi la veneta bandiera, entrarono vincitori in Costantinopoli. Tant'è! Se la prudente ed opportuna parola di esperto capitano non incentri in unità di azione le forze tutte dei combattenti, queste disperdonsi, la guerra si prolunga, la baldanza dei nemici aumenta, diminuisce la speranza della vittoria, o almeno questa non si può vedere che in lontananza.

mercoledì 28 settembre 2016

LA NUOVA CULTURA DEL CLERO

La Civiltà Cattolica

anno 57°, vol. III (fasc. 1347, 24 luglio 1906), Roma 1906 pag. 257-273.

I.

«Dopo tanti secoli noi siamo ancora pregni di pensiero babilonese e di vita romana». Con questa frase pittoresca ci viene colorito, anzi ritratto in vivace rilievo, il lato storico e critico delta cultura nuova, mostrandocene in lontananza e quasi in iscorcio la vecchia origine: perchè «Babilonia inventando la scienza astronomica, conquistò il tempo e creò la storia umana: i Romani formando la scienza giuridica, resero possibile la civiltà».

mercoledì 21 settembre 2016

SE LA PERSONALITÀ ABBIA A TEMER DALLA CHIESA.

R.P. Matteo Liberatore d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno I, vol. II, Napoli 1850 pag. 509-531.
Che il Cristianesimo abbia affrancato l'umano individuo dall'oppressivo servaggio onde l'onnipotenza dello Stato schiacciavalo nel paganesimo, sembrami non potersi recare in dubbio da chiunque con riposato animo contempli le cose da noi discorse nell'articolo precedente [1]. Nel duplice ordine, ideale e reale, la luce sparsa dal Vangelo scoprì un orizzonte fino ad allora sconosciuto, e manifestò in tutta la sua serenità e purezza un cielo nuovo ed una terra nuova [2]. La personalità umana ristorata dall'idea della divina adozione esultò di novella giovinezza, e della recente sua vita informando i concetti che ad essa si riferivano rinnovellò ogni cosa [3]. Nè le mancaron presidî concreti ed operosi, stante l'autorità della Chiesa che venne a costituirsi in faccia allo Stato, assicurandola praticamente dagli assalti della potenza del secolo.

mercoledì 14 settembre 2016

IL RESTAURO DELLA PERSONALITÀ UMANA PEL CRISTIANESIMO

R.P. Matteo Liberatore d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno I, vol. II, Napoli 1850 pag. 361-376.

I.

Indagando i disordini del gentilesimo, che corrompendo a poco a poco i costumi li precipitarono finalmente in ogni sorta di vizî, li vedemmo assommarsi in due capi principalissimi, pei quali la ragione abbandonata a sè medesima non seppe altro produrre che una società schiava ed immonda. Il superbo colosso del pagano incivilimento, comechè abbarbagliasse i riguardanti col fulgor dell'oro e dell'argento, onde ornava il capo ed il petto, tuttavia terminavasi sozzamente in piedi di ferro e d'argilla. La voluttà e la forza, erano i due perni intorno a cui tutta giravasi quella bugiarda coltura, e se colla prima divenne ad abbrutire l'intelligenza spegnendo in essa il gusto morale dell'anima, riuscì coll'altra ad annientare la dignità personale dell'umano individuo schiacciandolo coll'onnipotenza dello Stato ed assorbendolo nell'ingorda voragine dell'interesse sociale [1].

mercoledì 7 settembre 2016

VALORE DEL RAZIONALISMO IN ORDINE ALLA CIVILTÀ

R.P. Matteo Liberatore d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno I, vol. I, Napoli 1850 pag. 159-182.
Chi considera i danni, le sventure, i disastri che seco recano le violente rivoluzioni politiche, non sa finir di comprendere come possano esserci di quelli che con tranquillo animo le vagheggino, e volentieri vedrebbono la loro patria in quel turbine furioso ravvolta. Che una simile indifferenza si scorga in torbidi agitatori, nelle cui viscere un freddo egoismo abbia spento ogni senso di compassione o di patria carità; che si trovi in illusi sapienti cui uno stolido fatalismo faccia ravvisare in quelle scosse e nei guasti che l'accompagnano il corso indeclinabile d'una cieca necessità; pur pure, la cosa non ci stupisce gran fatto. Ma che uomini i quali ammettono la dipendenza degli eventi dal libero concorso dell'arbitrio umano, che ritengono tuttavia sentimenti di umanità e di amore, sieno nondimeno partecipi della medesima indifferenza e direi quasi stupidezza di cuore, questo è ciò che ingenera meraviglia.

sabato 27 agosto 2016

LE IMPOSTE

R.P. Matteo Liberatore d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno XXXIX, serie XIII, vol. XII (fasc. 924, 3 dic. 1888), Roma 1888 pag. 656-670.
Solo tra gli Economisti, Enrico Storch ha negato che l'imposta sia materia della scienza economica. Egli scrisse: «L'analisi degli effetti dell'imposta sul prezzo delle merci e conseguentemente sulla loro produzione e sul loro consumo non entra nel giro dell'Economia politica; essa appartiene alla legislazione finanziaria, di cui forma uno degli oggetti più importanti [1]

sabato 20 agosto 2016

IL PRINCIPIO ETERODOSSO È ABOLIZIONE DEL DIRITTO E DELL'UNITÀ SOCIALE (II).

R.P. Luigi Taparelli D'Azeglio d.C.d.G.

Da: Esame critico degli ordini rappresentativi nella società moderna, parte I., principii teorici, Roma 1851 pag. 46-59.
PARTE I.
PRINCIPII TEORICI DEI GOVERNI AMMODERNATI
CAPO I. — IL PRINCIPIO ETERODOSSO È ABOLIZIONE DEL DIRITTO E DELL'UNITÀ SOCIALE.[*] (§. II n° 61-74)
61. Dagli esempii fin qui accennati di principii morali foggiati o trasmutati arbitrariamente secondo il bisogno del momento nella nostra Penisola, sembrami risultare evidente con quanto nostro danno corriam pur troppo anche noi Italiani per quel pendio d'intellettuale indipendenza che tende direttamente ad annullare ogni verità e per conseguenza ogni d[i]ritto sociale. Ben potrà sopravvivere, anche se volete in molti intelletti, qualche verità individuale, capace di rannodare socialmente i consenzienti: ma questo nodo, essendo puramente accidentale, e mancante di quel vincolo esterno che chiarisce autorevolmente il vero, non può dare al d[i]ritto l'evidenza del titolo, e per conseguenza neppur la forza del concorso sociale; potrà produrre delle fazioni ma non mai l'unità sociale. Mi spiego: altro è il d[i]ritto evidente socialmente, altro quello che parla nei penetrali della coscienza: siete conscio a voi medesimo d'aver ricevuto un prestito? la coscienza intima altamente il dover restituire. Ma se non foste quell'uom sì retto che io vi credo, e ricusaste la restituzione, il vostro creditore troverebbe egli la via di costringervi in giudizio? Certo che no, se non avesse usata la precauzione d'esigere da voi un'apoca [= un contratto N.d.R.] in iscritto. E perchè? perchè il vostro debito non essendo visibile alla società,  questa non potrebbe a lui congiungersi per costringervi all'adempimento. In questo caso per altro sarebbe legata almeno la vostra coscienza, la quale a dispetto vostro v'intimerebbe di pagare al vostro creditore; talchè formerebbe fra voi due una unità d'intelletto e di propensione ragionevole, lasciando sussister soltanto il dissentimento della passione. Ma quant'altri casi possono succedere e succedono realmente tutto giorno, in cui due litiganti si persuadono con ragioni contrarie e con tutta la lealtà d'uomini onesti a strapparsi scambievolmente di mano la materia litigiosa! In simil caso ogni ravvicinamento per individual propensione è divenuto impossibile; ed appunto per questo necessaria diviene a mantenere il consorzio civile l'autorità giudiziaria. Se questa vien meno,  verrà meno con essa l'unità sociale delle volontà mancandone la base, la sociale unità d'intelletto.

sabato 13 agosto 2016

IL PRINCIPIO ETERODOSSO È ABOLIZIONE DEL DIRITTO E DELL'UNITÀ SOCIALE (I).

R.P. Luigi Taparelli D'Azeglio d.C.d.G.

Da: Esame critico degli ordini rappresentativi nella società moderna, parte I., principii teorici, Roma 1851 pag. 32-46.
PARTE I.
PRINCIPII TEORICI DEI GOVERNI AMMODERNATI
CAPO I.  —  IL PRINCIPIO ETERODOSSO È ABOLIZIONE DEL DIRITTO E DELL'UNITÀ SOCIALE. (§.II n° 41-60)

§. II.

Idea razionale del Protestantesimo.

41. Orsù dunque, che pretendete voi, Unitarii italiani? —  Aver una l'Italia. —  E con qual mezzo? —  Rendendola protestante.
Protestante! ... Ma converrà dunque che io, simile a quel cotale del Pulci,
«Vi faccia un lago di teologia;»
che torniamo alle controversie con Ecolampadio o Melantone; che risuscitiamo l'Eckio o il Gretsero: oh questi sì che sarebbero personaggi grotteschi nel secolo XIX! oh allora sì che le vedreste gemere sotto il peso, queste povere carte [1]; già non lievemente infastidite dal vedersi astrette ad inghiottir sillogismi da spiritarne.
No, no, lettor mio cortese
«Non dee guerra coi morti aver chi vive:»
lasciam costoro o riposare o urlar disperati ovunque gli abbia tratti o buona, o rea lor ventura, poichè promisi di non entrare in sacrestia. E invece di seguire quel Frate apostata alla sacrestia ove egli ci chiama, invitiamo anzi lui medesimo (e ce ne saprà buon grado), invitiamolo ad uscirne ed avventurarsi alla luce del giorno, all'aria aperta: invitiamolo a spiegarci per bocca dei suoi proseliti senza gergo teologico la sustanza dei suoi principii, che debbono formare, secondo certuni, la speranza d'Italia e del mondo.

mercoledì 27 luglio 2016

CONCETTO CATTOLICO DEL DIRITTO (I).[a]

R.P. Luigi Taparelli D'Azeglio d.C.d.G.

Da: Esame critico degli ordini rappresentativi nella società moderna, parte I., principii teorici, Roma 1851 pag. 1-16.
PARTE I.
PRINCIPII TEORICI DEI GOVERNI AMMODERNATI
CAPO I. — IL PRINCIPIO ETERODOSSO È ABOLIZIONE DEL DIRITTO E DELL'UNITÀ SOCIALE.[*] (§. I n° 1-20)
1. Non sapremmo forse trovare altra età nella storia, in cui tanto siasi ragionato di d[i]ritto e di unità sociale quanto oggidì veggiamo farsi, non essendovi ormai discordia civile che non divampi in nome della unità sociale, nè violenza sì svergognata che non si adoperi in nome dei diritti inviolabili: e per restringerci nei confini di nostra penisola, tutti sanno quali frutti abbia recati alla patria sventurata l'inalienabile diritto di nazionale indipendenza, e l'amore sviscerato degl'Italiani come fratelli: tutti conoscono l'inviolabilità dei d[i]ritti dei giudici inamovibili e le migliaia di retrogradi escluse dalla unità sociale con ostracismo sterminatore. Ma mentre i paroloni sonori ci martellavano e stancavano il timpano, qual era lo spirito che animava i petti a pronunziarli? L'uomo è libero, diceano i rigeneratori; e libero per essi era sinonimo di indipendente: e questa indipendenza era quella appunto che un frate apostata, putrido avanzo di cloaca lasciva [Lutero, N.d.R.], soffia tuttora dalla sua tomba sulla Europa da lui ammaliata coll'incantesimo di tal libertà. Il primo passo dunque, che dobbiam dare nello svolgimento del principio rigeneratore, volgasi all'esame del principio medesimo e degli effetti ch'esso de[v]e necessariamente produrre tostochè s'invisceri in una società. L'effetto è precisamente il contrario di ciò che i rigeneratori promettono: e mentre essi fanno suonare sì alto la speranza di unità pel regno inviolabile del diritto, il loro principio (e noi prendiamo a dimostrarlo) rende impossibile perfino l'idea del diritto e per conseguenza ogni vincolo di sociale unità.

mercoledì 20 luglio 2016

LA RICCHEZZA SECONDO L'IDEA CATTOLICA

R.P. Luigi Taparelli D'Azeglio d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno III, vol. VIII, Roma 1852 pag. 25-39.

§. IV. SULL'AMMINISTRAZIONE [1]

SOMMARIO
25. Principii dogmatici, espiazione e redenzione. — 26. L'idea d'espiazione distacca dalla voluttà; — 27. come apparisce dalla storia: — 28. e conforta alla fatica; — 29. pareggiando i ricchi coi poveri. — 30. Stabilisce le giuste basi del valore — 31. falsate dagli economisti utilitarii ; — 32. corretti dalla carità cattolica. — 33. L'esempio del Redentore invocato dai filantropi, ha la sua vera forza fra' cattolici — 34. per gl'impulsi della carità; — 33. che rende spontaneo l'ordinamento economico, — 36. e l'armonia fra il ricco e il povero — 37. colla unità di coscienza pubblica, — 38. e colla onnipotenza della grazia. — 39. Meraviglie da lei operate; — 40. dovute al complesso dei suoi dogmi ed impulsi. — 41. Impotenza degli eterodossi al paragone. — 42. Non si emenda il comunista se non si emenda il ricco. — 43. Non si emenda il ricco senza influenze cattoliche. — 44. Non saranno sociali queste influenze, se la povertà non torna in onore. — 45. Non tornerà in onore, finchè si avvilisce l'elemosina, l'umiltà e il monachismo. — 48. Transizione.
25. Nel precedente articolo sull'Amministrazione abbiam considerata la ricchezza secondo l'idea che ce ne porge il sistema utilitario da un canto, e dall'altro la filosofia dell'ordine: passiamo a vedere le idee filosofiche dell'ordine nella ricchezza, perfezionate dall'influenza cattolica, ponderando prima gli universali principii dogmatici con cui si forma la giusta idea di ricchezza; poscia gli impulsi soprannaturali con cui la volontà vien confortata a seguir l'intelletto; da ultimo l'influenza che ne ridonda nell'opera e le condizioni in cui essa diviene efficace.

sabato 16 luglio 2016

L'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - LA RICCHEZZA (I)

R.P. Luigi Taparelli D'Azeglio d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno II, vol. VII, Roma 1851 pag. 401-417.
PRELIMINARI
SOMMARIO
1. Divario fra amministrazione e governo — 2. Si ricorda il governo ammodernato — 3. e le sue conseguenze — 4. L'amministrazione si guida colla scienza — S. Checchè ne dicano gli utilitarii moderati.
1. Le persone si governano, le cose si amministrano. È questa la espressione consueta dettata dal senso comune agli animi retti, benchè non sia mancato talvolta chi abbia voluto (e secondo [il principio] utilitario non aveva il torto come vedremo) confondere e persone e cose sotto il comun vocabolo di Amministrazione. La differenza per altro è enorme: l'Amministrazione versa intorno alle sostanze irragionevoli e per[ci]ò incapaci di lor natura di resistere agl'impulsi; il governo si rivolge ad enti ragionevoli e per conseguenza liberi: l'arte di chi amministra consiste nel far muovere, l'arte di chi governa mira principalmente a far volere.

venerdì 15 luglio 2016

LA PATRIE E LA TOLLERANZA DE' CULTI[1]

R.P. Beniamino Palomba d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno XIX, serie VII, vol. III (fasc. 441, 20 Luglio 1868), Roma 1868 pag. 301-315.
L'errore della Patrie, che prendemmo a confutare in un altro quaderno, riguarda la tolleranza de' culti. Cristo medesimo, al dire di cotesto giornale, avrebbe insegnato a chiare note il grande principio della tolleranza civile, che è seguito da una gran parte de' politici di oggi. Questo principio, secondo la stessa Patrie, fu messo in pratica ne' primi e grandi secoli del cristianesimo. Ma da quel tempo in poi fu del tutto dimenticato. Dopo quei secoli la Chiesa incominciò a tenere ed a praticare, intorno a questa materia, una dottrina tutto fondata sopra vane e miserabili arguzie; ed a simili frivolezze si attiene anche la Chiesa, che al presente fiorisce sulla terra.

LA PATRIE E LA TOLLERANZA DE' CULTI

R.P. Beniamino Palomba d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno XIX, serie VII, vol. III (fasc. 439, 26 Giugno 1868), Roma 1868 pag. 52-67.
I nostri lettori ricordano facilmente, che in uno dei passati quaderni noi promettemmo di confutare un madornale errore della Patrie [1]. In questo articolo atteniamo la nostra promessa.
Lo sproposito lanciato da quel giornale è: Che il grande principio della tolleranza civile de' culti e della libertà di coscienza fu insegnato chiaramente da Cristo medesimo; e che spaziando pe' grandi secoli del cristianesimo si possono raccogliere a piene mani, in favore di quel principio, fatti e testimonii di tale autorità e di tale evidenza, che a loro rincontro le vane arguzie di una scuola al tutto recente non compariscono degne di altro, che di commiserazione [2].

UN CASO DI COSCIENZA SUGLI ERRORI CONDANNATI DALLA SANTA SEDE NEL 1864

R.P. Beniamino Palomba d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno XIX, serie VII, vol. II (fasc. 434, 7 Aprile 1868), Roma 1868 pag. 150-167.
I giornali così irreligiosi come cattolici si sono recentemente occupati, e si occupano ancora, nel parlare di un caso di coscienza, proposto al clero di Parigi e risoluto da esso, nel mese di Febbraio del corrente anno. Il qual caso, benchè per via indiretta, pur nondimeno andava principalmente a ferire nella Enciclica Quanta cura, che l'augusto Pontefice Pio IX diresse nel Dicembre del 1864 a tutt'i Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi, che hanno la grazia e la comunione della Sede Apostolica; ed anche principalmente trattava di alcuni degli errori, già condannati da Sua Santità ed inseriti in quel Sillabo, che venne fuori di suo ordine insieme colla Enciclica nominata. Di qui gli uomini, che stanno sempre pronti ad offendere la Chiesa cattolica ed a contraddire alla sua dottrina, colsero il destro di falsare il senso e diminuire il valore di quegli atti rilevantissimi della Cattedra di Roma; e per mezzo della stampa sparsero a danno altrui il veleno, che ammorba i loro cervelli e i loro petti. Ma ad uno stesso tempo corsero anche per le stampe le risposte degli scrittori cattolici, i quali confutarono que' miserabili sofismi, e misero in chiaro la verità de' fatti, narrati falsamente dai giornali irreligiosi. Un tale argomento è degno, che sia toccato ancora da noi; e ciò prendiamo a fare nel presente articolo, il quale, come l'ordine richiede, incomincia colla esposizione del caso.