LA RICCHEZZA SECONDO L'IDEA CATTOLICA
R.P. Luigi Taparelli D'Azeglio d.C.d.G.
La Civiltà Cattolica anno III, vol. VIII, Roma 1852 pag. 25-39.
§. IV. SULL'AMMINISTRAZIONE [1]
SOMMARIO
25. Principii dogmatici, espiazione
e redenzione. — 26. L'idea d'espiazione distacca
dalla voluttà; — 27. come apparisce dalla storia: —
28. e conforta alla fatica; — 29. pareggiando i ricchi coi
poveri. — 30. Stabilisce le giuste basi del valore — 31.
falsate dagli economisti utilitarii ; — 32. corretti dalla
carità cattolica. — 33. L'esempio del Redentore invocato
dai filantropi, ha la sua vera forza fra' cattolici — 34. per
gl'impulsi della carità; — 33. che rende spontaneo
l'ordinamento economico, — 36. e l'armonia fra il ricco e il
povero — 37. colla unità di coscienza pubblica, —
38. e colla onnipotenza della grazia. — 39. Meraviglie da lei
operate; — 40. dovute al complesso dei suoi dogmi ed impulsi.
— 41. Impotenza degli eterodossi al paragone. — 42. Non
si emenda il comunista se non si emenda il ricco. — 43. Non si
emenda il ricco senza influenze cattoliche. — 44. Non saranno
sociali queste influenze, se la povertà non torna in onore.
— 45. Non tornerà in onore, finchè si avvilisce
l'elemosina, l'umiltà e il monachismo. — 48. Transizione.
25. Nel precedente articolo sull'Amministrazione
abbiam considerata la ricchezza secondo l'idea che ce ne
porge il sistema utilitario da un canto, e dall'altro la filosofia
dell'ordine: passiamo a vedere le idee filosofiche dell'ordine nella
ricchezza, perfezionate dall'influenza cattolica, ponderando prima gli
universali principii dogmatici con cui si forma la giusta idea di
ricchezza; poscia gli impulsi soprannaturali con cui la volontà
vien confortata a seguir l'intelletto; da ultimo l'influenza che ne
ridonda nell'opera e le condizioni in cui essa diviene efficace.
Tra i molti conforti che aggiunge al principio d'ordine la teoria
cristiana, due soli ne ricorderemo per non farla da troppo ascetici,
quantunque vedrassi nel séguito che l'ascetica non è poi
così estranea all'economia come altri vorrebbe credere. E quei
due conforti sono il principio
d'espiazione e l'esempio
del Redentore. Finchè voi considerate l'uomo nella
filosofia dell'ordine, la ricchezza ricercata qual mezzo
serba tuttavia gran forza ad incitar la cupidigia umana
disordinatamente. Vero è che al disordine si oppone la ragione;
ma sarà essa sempre sì esatta nel misurare e sì
gagliarda nel regolare le sue opere, che mai non trascorra fuor delle
vie prescritte? Conoscere un bene che lusinga il senso e non
trasmodare nel procacciarlo, è opera più facile ad idearsi
che ad eseguirsi, anche allo stoicismo di quei Bruti, che ad onta del
loro eroismo, usureggiavano al 70 per 100; quanto più poi ove
trattasi della sterminata moltitudine di ogni generazione d'uomini
volgari! Quando dunque il misericordioso consiglio del Riparatore
volle ristorare effettualmente e porre in atto di esecuzione il
disegno primitivo formato dal Creatore intorno al genere umano,
dovette necessariamente trovare un provvedimento, mediante il quale
nella corrotta nostra natura l'ordine ideale divenisse possibile, non
solo agli animi più sublimi, ma anche alla moltitudine dei
volgari: un provvedimento onde i mezzi materiali, le cui soverchie
attrattive sensibili avrebbero di leggieri sedotto la puramente
naturale intelligenza e volontà, perdessero agli occhi
dell'intelletto cristiano quelle soverchie lusinghe, affinchè
esso nei suoi giudizii e nei suoi desiderii governar si potesse
secondo la schietta idea dell'ordine: dovette in sostanza far quello
che si fa nella bilancia, la quale se venga per un peso inclinata
dall'un dei lati, e vogliasi ridurre all'equilibrio natio, conviene
contrapporvi un peso uguale. E
questo contrappeso appunto presentasi al cristiano relativamente
alla idea di ricchezza, oltre molti altri, nel principio d'espiazione:
principio intimo essenziale, connaturato alla idea di Redentore, e
per conseguenza all'idea di cristiano. Imperocchè da che siamo
noi redenti? dalla colpa d'origine. Qual è il mezzo di
redenzione? la vita e la morte di Cristo. L'idea di colpa genera
quella di espiazione, la vita e morte del Redentore ci si offre qual
modello di chi de[v]e soggettarsi.
26. Or questi due principii sono opportunissimi a correggere quelle
soverchie attrattive che dalle impressioni lusinghiere del senso
ridondano nella idea di ricchezza. Il domma della colpa originale,
seguìta dalla condanna di sudarsi il pane e di aspettarsi la
morte, ammaestra il cristiano a diffidare di quell'allettamento
sensibile, ma avvelenato, additandogli nel tempo stesso la fatica e le
privazioni, qual mezzo di espiazione. Laonde
il cristiano lungi dall'agognare a sentir
gradevolmente si crede in periglio quando gusta somiglianti
diletti, si crede in vantaggio quando riesce vincendosi a privarsene
[2]. Questa dottrina non
piacerà per fermo a certi economisti che sembrano non aver
udito mai trovarsi al mondo un Vangelo insegnato da Dio-Crocifisso!
Essi continueranno nell'epicureismo del Gioia e di tant'altri suoi
pari a ripetere che «restringere i proprii bisogni a via di
privazioni dolorose è domma o di un'eroica disperazione,
occasionata da pessimo ordinamento sociale, o di una torpida
noncuranza che rinuncia al godere solo per timore di soffrire .... La
restrizione dei bisogni è un difetto di stimolo al progresso
industriale ed una mancanza di occasione a' godimenti ..... Si
può assumere in assioma, Che
i bisogni de[vo]no essere tali che satisfatti ci
rechino utile reale, e veri od innocenti piaceri, e tanti, che non
oltrepassino i mezzi di satisfazione possibile ad ottenersi.
E dico possibili ad
ottenersi, poichè se l'uomo non concepisse bisogni mai al di
là delle sole cose che possiede, l'industria rimarrebbe inerte [3].»
Così continueranno a ripetere gli economisti utilitarii (e
notinsi bene, quelle parole possibili
ad ottenersi, parole di cui altrove vedremo l'importanza): ma i cattolici continueranno, se non
rinnegano la lor fede, in quel combattimento contra la voluttà
che forma l'essenzial carattere del penitente sommesso alla
espiazione e del seguace di Cristo [4].
27. Continueranno, io dico, perchè niuno dei miei avversarii
niega essere stato questo il
carattere del cristiano fino al principio dell'età moderna,
biasimando essi il medio evo appunto per quello spirito
d'austerità che strascinava non pur claustrali e romiti, ma
popoli e principi, e perfin principesse al vestir dimesso, ai
digiuni, ai cilizii, ai pellegrinaggi. Questo spirito che la Chiesa
ingesuitata non volle
ancora rimodernare,
togliendo agli occhi del cattolico il prestigio della ricchezza, gli
rende agevole il valersene sol come mezzo, secondo i dettati della
retta filosofia.
28. Da questo disprezzo delle ricchezze gli utilitarii temono, come
udimmo testè dallo Scialoia, che l'industria
rimanga inerte per difetto di stimolo al progresso industriale:
e se i loro timori si limitassero a rimpiangere la perdita di qualche
essenza odorosa, di qualche dilicatezza gastronomica, di qualche ballo
e festino più lussureggianti, io non sarò sì fisicoso
da contendere con esso loro. Ma se essi paventassero che il cattolico
poltrisse come un Jogui indiano [= specie di monaco il quale
pretende che a forza di contemplare l'Essere supremo si giunga ad
un'intima unione con Dio; espressione odierna yogi.
N.d.R.], senza più muover
dito o batter palpebra, mostrerebbero aver dimenticato che il
cristiano non solo lavorava per necessità di natura, ma per
debito di espiazione. Dal che siegue, che non solo il misero e
l'artigiano, ma il ricco e il patrizio si credono obbligati al lavoro.
Cotalchè se anche il popolo non ispronato dalla bramosìa dei
diletti, scemasse alcun poco nella voglia di faticare, la società
non perderebbe nella somma totale delle sue ricchezze, sottentrando i
doviziosi nella bisogna intralasciata dai poveri [5].
29. Quindi un altro vantaggio inestimabile pei tempi nostri:
l'introdursi maggiore uguaglianza fra le varie condizioni sociali,
togliendone quella distinzione sì ricisa di lavoranti e di
ozianti, che forma lo scandolo degli artigiani comunisti; i quali non
sanno farsi capaci che la Provvidenza abbia voluto la società
umana divisa in gaudenti oziosi da un lato, in faticatori penurianti
dall'altro. Cessa una somigliante separazione fra cattolici,
tostochè la fatica non
è più soltanto una necessità di natura pei poveri, ma
un debito di espiazione per tutti. Ecco il risultamento di quella
sentenza del Genesi: mangerai il
tuo pane nel sudore del tuo volto!
30. Ma qui non finiscono le benefiche inferenze di quella tremenda e
pur misericordiosa condanna. Se il cattolico applicandola a sè
medesimo vi legge una sentenza
criminale, applicandola ai prossimi ne ricava una
importantissima legge commerciale.
Se nel primo senso l'oracolo divino ha un valor negativo, nel secondo
lo ha positivo; e due precetti potrebbero esprimersi in forma
proverbiale con queste quattro parole: se
il pane è sudore, il sudore è pane; o men laconico:
chi non suda non de[v]e
mangiare, de[v]e mangiare chi suda.
Usi a considerare quelle parole bibliche come sentenza penale, molti
non riflettono al valore ch'esse hanno come sentenza commerciale: ma
per poco che vi si rifletta si comprenderà che, se non ammettiamo
lo snaturato principio, che certi individui umani nascano destinati a
morirsi di fame, tutti i non possidenti o debbono vivere colle lor
fatiche, o sostentarsi a spese altrui. Che in tal guisa venga
sostentato l'invalido, pochi oggidì avran coraggio di negarlo: ma
il robusto non avente altro tesoro che le sue braccia, chiara cosa
è che delle sue braccia de[v]e vivere. Quindi una
legge fondamentale per la tassazione dei valori sociali.
31. Gli economisti ci dissero, che i
valori sono determinati nel commercio dalla domanda e dall'offerta:
e con codesto principio (da cui derivano che i capitali possono darsi
ad usura quando son molto ricercati) applicandolo alle braccia del
povero, ridussero il proletario all'estremo dell'oppressione,
scemandogli il salario a proporzione che cresceva la miseria,
giacchè quanto più misero è l'artigiano, tanto più
è costretto ad offerir le
sue braccia al minimo prezzo. Ma è egli questo un giusto
ragguaglio delle opere? è facile il vedere che un cattolico
camminerà con tutt'altri principii.
Non già, vedete, che la domanda e l'offerta non possano influir
realmente ad alzare od abbassare i prezzi; ma l'infimo di questi
dovrà sempre esser tale che all'operaio fornisca un competente
sostentamento. Competente, io dico, perchè il cattolico non
misurerà il pane a chi lavora con quella lesina
degli utilitarii inglesi, i quali nel lor Parlamento
calcolarono, come i lettori certamente ricordano, non già il
necessario per vivere, ma il sufficiente per non morire. Di che la
proposizione fatta di una legge che riuscisse ai miseri artigiani di
qualche sollievo, andò a finire in sancire col pubblico
assentimento la spietatezza degli intraprenditori.
32. Quando i dritti dell'operaio si misurano alla stregua della
carità cattolica, chi compra le braccia dell'artigiano glie ne
pagherà il prezzo che ragionevolmente
vorrebbe per sè medesimo. Vale a dire, tale che
corrisponda al sostentamento di un fratello, secondo l'antico valore
di questa parola. Nè perchè il fratello, stretto dalla
miseria estrema, esibisca l'opera a minor prezzo, consentirà egli
mai ad appropriarsene i sudori. Comprendo che nel commercio ordinario
queste vedute economiche non sogliono avere applicazioni pratiche,
essendo pochi coloro che son capaci di misurare al giusto i bisogni
dell'operaio e il valore delle sue fatiche, valutate da lui talora
indiscretamente. Ma noi non diamo al presente le norme pratiche, diamo
i principii universali: e principio
universale pel cattolico, secondo la sentenza del Genesi, è che
il sudore de[v]e fruttare il pane.
Nè solo per l'uom che
fatica, ma per la donna e pel fanciullo, che ne formano la famiglia,
e ne preparano la continuazione. Qui lo Scialoia è con
noi di accordo: Gli economisti,
dic'egli, chiamano tassa naturale
del salario quella quantità di mercede che basta al
mantenimento del manuale ed al perpetuamento
della specie. Poichè la destinazione primordiale
dell'entrate si è quella di conservare il fondo produttivo del
lavoro del pari che tutti gli altri [6].
Ma questa verità sì evidente agli occhi non pur della
carità, ma dell'economia, come venne rispettata da molti altri
economisti? quanti son quelli, che col Malthus condannano l'operaio o
al celibato forzato, o alla morte! ovvero col Sismondi ne raccomandano
il connubio all'avarizia imprenditori! Eppure
è facile il comprendere che se la moglie e talora anche i figli
non provvedessero alle bisogne domestiche, non potrebbe l'operaio
impiegar liberamente la giornata a servizio di chi lo paga. Queste
verità sì evidenti, la carità cattolica le intuisce
quasi assiomi e le applica con quella facilità, con cui
l'amministratore o il giudice sentenziano sugli averi non suoi;
essendo dettato comunissimo della coscienza cattolica che il ricco
è piuttosto depositario che proprietario delle ricchezze.
Ecco dunque i principii di economia, che il cristiano deduce dalla
idea della colpa originale e dalla condanna che ne è conseguenza,
a conforto dei dettati filosofici intorno alla ricchezza. Le
ricchezze, dic'egli, sono un mezzo di sostentamento, non una Fonte di
piacere: il piacere che ne sgorga funestò tutta la razza umana:
il privarmene mi camperà da nuovi pericoli ed espierà i
falli antichi; ma la mia astinenza non mi dispensa dalla legge di
faticare; e se colle fatiche io aumento i miei capitali, essi
anderanno in pro dei miei fratelli; e primi fra tutti ne godranno
coloro cui son dovuti a titolo di mercede. Vedete qual comunicazione
di affetto e di sostanze viene stabilita fra il ricco e il povero
dalle dottrine del cattolicismo!
33. A questi sentimenti aggiungete l'esempio di
Dio impoverito per l'uomo, e pensate qual forza
acquisterà nel cuor del cristiano il disprezzo delle ricchezze, e
per conseguenza la perfettissima libertà di sua ragione
nell'usarle solo secondo le norme dell'ordine: e reciprocamente qual
fiducia si desterà nel povero a raccomandare al ricco le proprie
speranze e i propri bisogni, ravvisando nella condotta di lui una
sì viva penetrazione dei principii cattolici. Non mancano
oggidì tra' filantropi certi dottrinarii che, atterriti dai
pericoli di sovvertimento e di saccheggio, han tolto in prestanza da
noi il linguaggio evangelico, per edificazione dei comunisti: ai quali
con eloquenza melliflua vanno esagerando la nobiltà conferita al
lavoro da un Dio fattosi per noi artigianello in Nazaret! Ma
finchè costoro non si trasformano in artigiani essi stessi,
emulando la gloria che van predicando; finchè coi doveri
predicati all'artigiano non congiungono la pratica della
mortificazione e della carità cristiana; finchè esaltano
la scodella frugale, tra i fumi del vino e delle imbandigioni, e la
semplicità di una povera stanza, calpestando tappeti di Fiandra
su divani di velluto; io temo forte, che la lor predica non
approderà, e che l'artigiano risponderà, essere bella e
buona la nobiltà del bracciante, ma per lo stomaco suo e dei
figli volerci pane e non parole.
Fate all'opposto che vegga il ricco tenersi egli pure per condannato
al lavoro, e divider col povero spontaneamente le sue ricchezze, come
usano tanti patrizi e dame veramente cristiane, togliendo al lusso
ciò che profondono in carità; e vedrete quanto sia facile
ch'egli accetti per sè quei dettati medesimi, che debbono
perfezionare fra cristiani tutto l'ordinamento economico.
34. Il predominio dei principii introduce poi nell'economia politica
altri elementi per parte della volontà, primo dei quali vogliam
considerare quello che è propriissimo del cattolicismo,
la Carità.
Se la condanna alla fatica non venisse condita da questo elemento, non
sarebbe sperabile quell'universale efficacia con cui operano i dettati
del Vangelo. Ma quando negli animi destasi la scintilla elettrica
della carità, allora l'esempio di Cristo acquista una forza
smisurata; e quel dettato sì triviale della beneficenza cristiana
per cui il più meschino dei prossimi è fratello del
Redentore, ed esattore per lui di ciò che a noi sovrabbonda,
acquista quelle dimensioni prodigiose che spingono l'eroismo
dell'oblio di sè medesimo ad aver sembianza d'imprudenza, di
follia: allora un Paolino da Nola dopo aver donato il suo,
venderà schiavo sè stesso; allora un Tommaso da Villanuova
non serberà di un fiume d'oro, che dalla mensa Arcivescovile gli
sgorga, neppur un letto su cui abbandonare, morendo, il suo cadavere;
costretto a ricevere in prestito per morirvi un letto da quel povero
stesso cui egli lo avea donato. Esempi meravigliosi, e però nel
loro eroismo meno frequenti; ai quali nondimeno altri potrebbero
accoppiarsene a migliaia, d'uomini ancor viventi, fattisi
amministratori dei poveri in quei tesori medesimi che pur sarebbero
legittimamente loro proprietà. esclusiva. Donde codesta
generosità, se non dall'amor verso Dio, travasato nei più
miseri dei lor fratelli?
35. Da codesto sentimento sì dolce, derivasi nell'economia
cattolica quell'altro elemento, degnissimo dell'osservazione di un
filosofo, la spontaneità
dell'ordine. Notammo altra volta esser questa
spontaneità un carattere tutto proprio delle opere di Dio, come
all'opposto il contrasto è carattere d'ogni artificio umano; e
ciò per quella ragione semplicissima, che Dio crea le cose
appropriate ai suoi fini, mentre l'uomo si vale pei fini proprii delle
cose già create e dotate di qualità non tutte a lui
opportune: perlocchè è costretto a neutralizzare
colle une, le ripugnanze delle altre. Così quando il
Creatore formò la società domestica, a guarentigia del
debole infuse la tenerezza paterna nel cuor del più forte. L'uomo
all'opposto quando volle farsi creatore della società, altro non
seppe fare per guarentigia del suddito, che congegnare a contrasto i d[i]ritti
del superiore.
Or questo stesso noi vediamo nelle comunicazioni commerciali. L'uomo
che volle assicurarle senza coscienza e senza dipendenza, va facendo
l'estremo di sua possa nel combinare interessi e diritti che si
combattano: e mentre dice al ricco «fa di tutto per trasricchire
smugnendo i poveri», si volge ai poveri predicando l'associazione
e animandoli a difendersi contro i ricchi. E quando è riuscito a
creare codesto antagonismo, crede aver dato la vita alla società
e tesse i panegirici della
concorrenza.
36. Il Vangelo all'opposto per
rannodare tutti in una medesima società impone al ricco il
dovere di generosità nel dare, e al povero di pazienza nel
tollerare; e forma per tal guisa nel ricco l'economo dei poveri, nei
poveri la riconoscenza verso i ricchi. Qual meraviglia che il
popolano tolga allora a protettore dei propri interessi appunto quel
ricco, contro cui l'eterodossia lo indispettisce e lo arma come
contro un nemico?
37. Ma a produrre questa serenità di fiducia spontanea, il
cattolicismo acquista forza dal complesso delle altre sue dottrine; ed
ecco perchè egli può operare quei portenti ai quali la
filosofia, benchè rettissima, non potrebbe neppure aspirare.
Affinchè il povero si affidi al ricco, è necessario che gli
legga nella coscienza i dettati di sue obbligazioni. Or questi dettati
potrebbe egli leggerli mai se una universale autorità non li
pubblicasse ugualmente, e al ricco e al povero? L'idea
di autorità cattolica è dunque base essenziale di codesta
fiducia scambievole.
38. Non basta: niuno ha fiducia di ottenere l'impossibile. Or
l'abbassamento del grande all'abituro del meschino, è opera che
troppo ripugna all'indole della natura corrotta, perchè essa
possa riguardarla come generalmente possibile e comunale. Ma pei
cattolici, soccorre alla debolezza della natura il conforto della
grazia; ed è cosa talmente consueta il vedere i grandi
impicciolirsi, non solo quando rinunziano al mondo, entrando in un
chiostro, ma anche rimanendo nel secolo, fra agiatezze e dovizie,
che il fatto ormai più non reca, nei paesi veramente cattolici,
ombra di stupore [7].
Conscio a sè medesimo anche il povero dei prodigi che la grazia
opera nel cristiano, qual meraviglia che speri altrettanto anche da
chi nuota nelle ricchezze?
39. So che non mancherà di sogghignare un qualche economista,
nel vederci aspettare dalla spontanea generosità dei ricchi
l'agiatezza della plebe: ma rida egli pure a sua posta, io nel
compatirò, sapendo benissimo che l'operar
del cattolico non può comprendersi se non dalla fede e dalla
carità. Ma il sogghigno beffardo potrà egli
cancellar dal Vangelo una sillaba, o dalla Storia uno di quei fatti
che vi registrò in tanta copia la carità cristiana? Cadranno
forse a quel suo sogghigno tanti Ospizi eretti fin dai tempi dei
Cesari persecutori a conforto di ogni guisa di miserabili? ovvero si
dimenticheranno le larghezze di tanti Monarchi che impoverirono per
dare ad altrui? Saranno, confiscati quei beni lasciati alla Chiesa,
affinchè un terzo almeno ella ne dividesse coi poveri? Rida pur
l'economista di chi spera nella carità cattolica; ma si ricordi
che codesto riso è una contraddizione; si ricordi che egli, egli
stesso avrà bestemmiato in altre occasioni il soverchio
largheggiar dei ricchi nel dotar monasteri, il soverchio largheggiar
dei monasteri nel satollar vagabondi ed oziosi. E sa egli il nostro
derisore chi sieno questi vagabondi, l'ozio dei quali accende il suo
zelo che tace si indulgente in faccia all'ozio dei ricchi, se pur non
ne partecipa le voluttà raffinate? Questi vagabondi sono quei
proletarii feroci, che in altri paesi, ove il ricco pensa solo a
godere, van correndo indracati a centinaia e a migliaia colla fiaccola
incendiaria alla mano, gridando che han d[i]ritto al
lavoro, che la proprietà è un furto, che la terra è per
tutti e di tutti. Codesti spettacoli di terrore sì frequenti nei
paesi eterodossi, il cattolico non li conosce. E sapete perchè?
perchè fra' cattolici, il ricco è depositario più che
proprietario dei suoi beni; ed ode ogni giorno intimarselo, non dalle
urla di un popolaccio furibondo che lo sforzerebbe a chiudere gli
scrigni e la casa, ma dal soave impero di una coscienza che lo alletta
a splancarli promettendogli il
cento per uno.
40. Tutto adunque nel cattolicismo concorre a riordinare in
dialettica armonia le relazioni fra il povero ed il ricco, idee,
precetti, sentimenti, esempi. L'idea di ricchezza, se non perde
l'allettativo pel senso, fa insospettire e temer la ragione: il
faticare, lungi dall'essere un avvilimento pel povero, è un
dovere anche pel ricco: questo dovere che frutta al ricco il dritto al
suo pane, lo frutta egualmente pel povero; e il povero lo spera
conoscendo il dovere e la pietà nella coscienza del ricco; e il
ricco lo adempie confortato da quella grazia che lo affratella col
povero: e ad amendue le classi aggiunge conforti di dolcezza
inestimabile, l'esempio di Dio che fatica e patisce nel povero,
tesoreggia e largisce nel ricco. Tutto questo complesso di elementi
soprannaturali dove lo troverete voi fuor del cattolicismo?
41. Ecco per qual motivo sarà sempre impossibile nelle
società eterodosse, se non si ricorra alla schiavitù e
all'abbrutimento del proletario, evitare o sterminare il terribil
nemico della proprietà, il comunismo. Leggete pur le difese di
questa nel Thiers, nel Bastiat, nel Guizot, o in quale altro vi
piaccia degli economisti miscredenti; il meglio che possiate trarne
(se pur vi giungete) sarà un freddo riconoscimento del diritto
secondo ragione. Ma questa Ragione, non parla ella anche in favor del
povero? e il povero che ascolta le due ragioni contrarie sarà
egli imparziale nel sentenziar fra le due? Non vedrà che il
proprio dritto può calpestarsi, perchè egli è debole?
che de[v]e calpestarsi perchè così vuole
l'interesse del ricco? Che si calpesta di fatti, poichè egli muor
di fame sulla porta del ricco all'odore di un convivio epulonesco, al
rumor delle musiche, all'aspetto di un lusso sfoggiato, che sembrano
insultarlo?
Fate all'opposto ch'ei vegga l'universale dei ricchi persuaso del
dovere di soccorrerlo, che li creda aiutati a farlo da una grazia
onnipotente, che questa onnipotenza comparisca efficace a prova di
fatti: allora sì potrà egli persuadersi, che tutti i dritti
debbono rispettarsi; che il Vangelo ha pensato anche a lui; che non
è per lui solo l'inferno.
42. Non si dà dunque
risposta intera al comunismo se la predica ai poveri non è
seguìta da una predica ai ricchi: e per la stessa ragione non
riuscirà la prima a convertire i poveri, se non riesce la
seconda a convertire i ricchi. Al che vorrei ponessero mente
questi ultimi per farne lor pro', mirando e provvedendo al lor
imminente pericolo. La vera rivoluzione sociale, voglio dire la
rivoluzion di principii,
incominciò dai ricchi: e l'empio da Ferney [cioè
Voltaire N.d.R.]
ne gli lodava colla nota bestemmia: il
n'y a plus que les gredins qui croyent au Consubstantiel: ed
allora les gens comme il faut
ridendo del Consubstantiel e
dei suoi precetti e consigli, si diedero bel tempo, e crearono quella
smodata necessità di lusso che forma la povertà dei ricchi e
la fame dei poveri, non trovandosi più ricco sì sfondolato,
cui sopravanzi di che sfamare il povero. Ma il
Consubstantiel o meglio (per non profanare il linguaggio
nostro con codeste bestemmie esecrabili) il Verbo eterno prende oggi
la sua rivincita, e spedisce i Gredins
apportatori di sue risposte alle gens
comme il faut facendo comprendere ai miseri che la
disuguaglianza fra di loro è ormai giunta a segno da ferire
spietatamente la natura e la ragione. Finchè il loro divario si
riducea soltanto a qualche addobbo di più nelle camere, a qualche
camera di più nel quartiere, a qualche piatto di più nella
mensa, il povero poteva dire nell'alzarsi satollo colla famigliuola
dal parco, ma sufficiente suo desco: «in sostanza noi siamo
uguali al ricco, egli stancatosi nelle fatiche di mente, appresta ad
un corpo infermiccio manicaretti più delicati: il nostro cibo
è materiale come la nostra fatica, ma noi siam forse meglio in
sanità». Ma quando la differenza fra i due rappresenta da
una parte l'epicureo che nuota nei piaceri ozioso, dall'altra
l'operaio che muore sotto la fatica colla famiglia affamata; allora
dov'è più l'uguaglianza di natura? e come riuscirete a
persuadere al povero che la rispetti, mentre la calpesta il ricco?
Le quali osservazioni, come dimostrano non esservi salvezza
oggidì per la società, senza concorso dei ricchi (il quale
non sarà mai sincero, efficace e durevole fuor della Chiesa
cattolica ), così dimostra, che se
i ricchi non tornano al cattolicismo pratico
coll'abolizione del lusso e della mollezza rispettando nel
lor superfluo il dritto dei poveri, questi saranno gli esecutori
della Giustizia divina contro il loro scialacquo, come i sudditi
furono pur troppo contro la prepotenza dei governanti. Colpevoli i
sudditi, colpevoli i poveri individualmente [8],
arrogandosi un ufficio riserbato a sè dalla divina vendetta; ma
adempienti purtroppo una di quelle leggi provvidenziali con cui la
Sapienza infinita serba con forzato equilibrio l'ordine materiale
fra quei protervi che porrebber sossopra il mondo se potessero
violare a man salva l'ordine morale.
43. Il fin qui ragionato ci conduce, come voi ben vedete, a due
conseguenze. La prima è, che la rettitudine della scienza
economica fuor del cristianesimo non sarà mai altro che
specolativa; solo nel cristianesimo scenderà nell'opera,
perchè l'opera ne divien possibile. In fatti mancano forse
dottrine di ordine fuor del cattolicismo? non credo che trovinsi mai
coerenti e compiute; ma il negare che anche fra i miscredenti
s'incontrino degli animi onesti, i quali abborriscono l'oppressione
del povero, lo smugnimento dei salarii, la prostrazione della
educazione popolare, l'incarimento dei generi più necessari ecc.,
sarebbe, a parer mio, una ingiustizia. Essi han predicato, han
promosso il ben del povero con isforzo tanto più singolare,
quanto meno veniva favorito dai principii puramente naturali in cui si
racchiudevano. Frattanto però, qual frutto ne han tratto finora?
Qual proporzione fra le predicazioni e l'effetto? Senza negare
assolutamente ogni fecondità a tanti buoni desiderii di animi
naturalmente onesti, credo peraltro non essere ingiusto se affermo,
che alla grandezza dei mezzi restò inferiore a pezza l'effetto
dell'opera; che sulla sommità del regno industriale il predominio
della cupidigia vince le propensioni benefiche; che poco scorre alle
convalli di quel Pattolo che impaluda sulle vette; che è più
facile trovare fra i miscredenti espressione di affetto, che sagrifizi
di persona; che alle centinaia di Suore cattoliche, di Benfratelli,
d'Ignorantelli, di Redentori degli schiavi, la filantropia
contrapporrebbe difficilmente poche diecine di loro imperfetti
imitatori. E perchè? perchè nell'ordine naturale il bene dei
mezzi, ancorchè si riguardi dalla ragione qual bene secondario,
ancora ha gran forza a strascinare la volontà coll'allettamento
sensibile non contrappesato dai principii di fede e dalle dolcezze di
carità.
44. Che se la prima conseguenza è evidente, non esser possibile
retta economia pratica in una società non cattolica, la seconda
conseguenza germoglia spontanea dalla prima. Volete riordinare
economicamente una società? rinnovatela nello spirito cattolico,
e la scienza economica potrà dedurre arditamente tutte le
più rigorose conseguenze dell'ordine morale colla certezza di
trovare nei cuori dei buoni cattolici un eco fedele delle più
ardue verità, un esecutore eroico dei sagrifizii più
generosi. Ella potrà intimare al ricco il dover della fatica,
della frugalità, della liberalità; predicando al povero la
pazienza, essa gli assicurerà il sostentamento, senza armarlo di
un dritto onde insolentisca, ma anzi congiungendolo al ricco suo
benefattore coi sentimenti di riconoscenza e d'umiltà.
45. Ma a tal uopo conviene accettare dalla religion cattolica tutti i suoi dogmi e il suo spirito:
convien risuscitare il disprezzo della ricchezza, e l'onor della
povertà nella pubblica opinione. Ma finchè la
società, sotto pretesto di riformare abusi, continuerà
quella guerra del protestantesimo contro l'umiltà cristiana,
contro l'elemosina, contro il monachismo,
in cui l'evangelica povertà si personifica; finchè la
noncuranza degli agi e delle ricchezze, onorata perfin dai pagani nei
Diogeni, nei Focioni, nei Cincinnati, avrà il corteggio
soltanto di derisioni e d'insulti, la pecunia continuerà ad
essere l'idolo sociale, la rabbiosa sete insaziabile non
conoscerà altro termine che il possibile ad ottenersi; e il possibile ad ottenersi
dello Scialoia sarà tutto ciò che il delitto
procaccia, che il segreto nasconde, che la forza assicura.
46. Bastino queste premesse che erano necessarie per ispiegare i
fenomeni disastrosi che presentano le finanze nei governi
ammodernati dalla eterodossia, specialmente quando si
atteggiano a forme di rappresentanza nazionale. Gli articoli seguenti
entreranno nel campo delle applicazioni.
NOTE:
[1] Vedi il vol. VII, pag. 401 e
segg.
[5] La compagnia di S. Paolo
soppressa testè in Torino dai liberali, amici dei poveri come Dio
tel dica, era una viva pruova della nostra asserzione. Persone delle
più distinte in quella capitale vi si dedicavano gratuitamente a
faticare in una complicatissima amministrazione, ove facevano in
servizio dei poveri da agenti, da segretarii, da avvocati, non per
guadagnarsi il pane di che abbondavano, ma per compiere il debito
d'uomo e di cristiano. L'opera passerà ormai in mani più
liberali che trarranno a stipendio proprio quel che andava in soccorso
dei poveri; e questo si chiama amministrazione di beneficenza!
[7] Non è in Roma chi non
ricordi quella madre dei poveri derelitti, la Principessa Borghese, al
cui funerale il pianto di costoro fu il più solenne ornamento; e
tutta Roma vide nella terribile inondazione del 1846 il Principe suo
consorte girare in una barchetta recando di casa in casa il
giornaliero alimento. Chi parla più di questi fatti? fra noi
cattolici son troppo triviali. Il liberalismo ci avrebbe provveduto
invece con dare un ballo a profitto degli inondati.
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