mercoledì 14 settembre 2016

IL RESTAURO DELLA PERSONALITÀ UMANA PEL CRISTIANESIMO

R.P. Matteo Liberatore d.C.d.G.

La Civiltà Cattolica anno I, vol. II, Napoli 1850 pag. 361-376.

I.

Indagando i disordini del gentilesimo, che corrompendo a poco a poco i costumi li precipitarono finalmente in ogni sorta di vizî, li vedemmo assommarsi in due capi principalissimi, pei quali la ragione abbandonata a sè medesima non seppe altro produrre che una società schiava ed immonda. Il superbo colosso del pagano incivilimento, comechè abbarbagliasse i riguardanti col fulgor dell'oro e dell'argento, onde ornava il capo ed il petto, tuttavia terminavasi sozzamente in piedi di ferro e d'argilla. La voluttà e la forza, erano i due perni intorno a cui tutta giravasi quella bugiarda coltura, e se colla prima divenne ad abbrutire l'intelligenza spegnendo in essa il gusto morale dell'anima, riuscì coll'altra ad annientare la dignità personale dell'umano individuo schiacciandolo coll'onnipotenza dello Stato ed assorbendolo nell'ingorda voragine dell'interesse sociale [1].
Io credo d'aver dimostrato abbastanza come il Vangelo guarì l'umanità dall'una di queste piaghe sollevando i cuori ad apprezzare e diligere i beni del cielo, cui mostrò in aperta opposizione con quei della terra [2]. Fa d'uopo ora che entriamo a cercare in qual modo apportasse conforto e salute all'altro malore redimendo l'individuo dalla oppressione tirannica della pagana politica.
Facil cosa il rispondere. Ciò, dirassi, si operò dal Vangelo col proclamare l'alta dignità dell'umano individuo e la sua eccellenza al di sopra di tutto quello che è caduco e perituro nel mondo. Così è veramente; e se la vita morale dell'uomo s'inizia nell'intelletto, ognun vede che la riforma dovea cominciarsi dal ristorare la conoscenza. Ma quel che vuole qui sottilmente osservarsi si è il nuovo aspetto, sotto del quale venne bandita nel mondo tal verità, ed il modo ammirevole onde le si diede operosità e consistenza.
La spiritualità dell'animo umano, la sua destinazione ad una vita immortale, il moral pregio dell'uomo non erano stati concetti bastevoli a guarentirlo dalle invasioni del senso e della materia sviluppantesi sotto la potente azione della vita sociale. Nonostante la luce di che eran fregiati e la nativa loro efficacia, il contrasto che loro opponeva la vita presente, con tutta la somma de' beni ond'è corredata, e le nebbie che sollevavano verso le più alte regioni dell'animo le focose esalazioni del cuore, erano giunte ad alterarli sì in chi avea in mano la forza, che essi spenti o moribondi raggio alcuno più non vibravano, o quei raggi per la tanta languidezza eran cassi [= privi N.d.R.] d'ogni valore. La reminiscenza che ne restava avria potuto assomigliarsi a una bella dipintura scancellata dal tempo, la quale non pur abbia perduto i suoi vaghi colori, ma nè anche i primi tratti più ne conservi.
Venuti meno gli antichi presidi, affin di riabilitare l'umanità degradata, ci faceva assolutamente mestieri che una nuova idea s'introducesse nel mondo. Ma però un'idea potente, sublime, inalterabile, che non sorgesse dalla terra, non si appoggiasse ai discorsi dell'umana ragione, non si avvalorasse di sole forze naturali, ma venisse direttamente dal cielo, si ammantasse di oltramondani splendori, fosse attuata di potenza trascendente ogni ordin creato. In tal guisa soltanto poteasi efficacemente restaurare l'invilita personalità dell'uomo, ed assicurarla durevolmente da oani assalto avvenire.
Or questa idea fa appunto a noi recata dal Vangelo e altamente bandita dall'un estremo all'altro della terra. Essa è l'adozione a figliuoli di Dio, procurataci per la redenzione di Cristo. Vedete,  qual pegno di amore ci diede il celeste Padre: che ci chiamassimo e fossimo figliuoli di Dio; videte qualem charitatem dedit nobis Pater, ut filii Dei nominemur et simus [3]; o carissimi, noi al presente siamo figliuoli di Dio; carissimi nunc filii Dei sumus [4]. Come Cristo lo è per natura, così noi lo siamo per grazia;  praedestinavit nos in adoptionem filiorum [5]. E questa adozione, che sopra ogni credere ci sublima, ci fu apportata da Cristo; come venne la pienezza de' tempi mandò Dio il suo unigenito .... acciocchè ricevessimo l'adozion di figliuoli [6]. E qual prezzo gli convenne sborsare per acquistarci un tanto dono? Non meno che il sangue suo. Non foste ricomperi con corruttibile oro od argento, ma col prezioso sangue di Cristo, come di un agn[ell]o immacolato: non corruptibilibus auro vel argento redempti estis, sed pretioso sanguine quasi agni immaculati Christi [7]. Ecco la nuova idea, creata e promulgata dal Vangelo; ecco la sovrumana dignità che rifaceva in certa guisa l'umana natura e quasi d'un divino essere la decorava.

II.

Pertanto non è chi non vegga qual rivoluzione ideale dovesse cagionar nelle menti questo inaudito mistero, quanta mutazion negli affetti, quanta diversità ne' giudizî. Un nuovo e magnifico aspetto si dischiuse dinanzi all'attonito riguardante, una nuova luce balenò dal cielo e venne a confortargli la vista. Gli umani individui che fino allora non persone ma cose appetto della società [= di fronte alla società N.d.R.] estimavansi, ripigliarono il lor valore assoluto, riapparvero come fine, non più come mezzo del politico reggimento. Voi che dinanzi non eravate popolo, cominciate ora ad esser popolo: qui aliquando non populus, nunc autem populus; e quale? Popol di Dio, populus Dei [8]. Gl'individui riuniti insieme nelle città, allora sono e diconsi popolo, quando essi son quelli al cui ben essere, alla cui felicità mira il governo. Allora solamente meritano il nome di repubblica, la quale non è altro che il bene del popolo, res populi, giusta la definizione di Tullio. Un tal concetto almeno praticamente era pervertito nel paganesimo, e le moltitudini in civil comunanza assembrate si considerarono come semplici strumenti della stabilità e floridezza dello Stato. Esse dunque non popolo, ma masse, individui insieme agglomerati, greggia di esseri senzienti, accozzaglia di corpi dotati di forza, integrali di materia sarebbonsi detti, messi insieme per servire di piedistallo e di base alla gran macchina sociale, alla maestà dell'imperio, che su di quella innalzavasi.
Tanto disordin d'idee dovè necessariamente svanire allorchè ogni umano apparve rivestito dell'alta dignità di figliuolo di Dio, fratello di Cristo [9], partecipe de' suoi più arcani segreti [10]. Apertamente si manifestò allora, e in guisa da non venire oscurata per quantunque inganno o cavillo, la sublime ordinazione dell'uomo ad un fine trascendente ogni sfera di politica associazione. Fu chiarito esser egli chiamato a fruire la gloria stessa che Dio apparecchiava al suo Cristo nei cieli. Se siete figliuoli, voi siete per conseguenza eredi. Eredi di che? del patrimonio stesso di Dio, che vi è padre, del retaggio stesso di Cristo che vi è fratello: si filii, et haeredes; haeredes quidem Dei, cohaeredes autem Christi [11]. Voi, è vero, fate parte in terra d'un civile consorzio, acciocchè forniate in pace il vostro pellegrinaggio, e mantener possiate tra voi l'ordine e la giustizia necessaria al viver presente. Ma il vostro còmpito anche terreno non resta qui. Voi formate fin d'ora un popolo d'acquisto divino: populus acquisitionis [12]; non siete più vostri, perocchè siete stati comperi a grande prezzo [13]. Voi formate una generazione eletta, un regal sacerdozio, una gente a Dio consacrata [14]. In forza della divina redenzione voi vi accostaste all'alto monte di Sionne, siete chiamati a costituire la città di Dio vivente, la celeste Gerusalemme, ad associarvi all'unità santa, universale, perpetua, esistente ab eterno tra le divine persone, e tra voi iniziata nel tempo per compiersi ne' cieli, unitamente a quella di già composta da miriadi di angeliche creature [15]. Voi già siete cosa santa e a Dio dedicata. I vostri corpi medesimi son membra di Cristo [16], e tempio dello Spirito Santo [17]. Niuno ardisca contaminarle; ma glorificate e portate Dio nei vostri corpi. Essendo voi tempio di Dio, lo Spirito Santo alberga in voi. Chiunque oserà violare il tempio di Dio, Iddio lo sperderà. Imperocchè il tempio di Dio è santo, è cosa sua, e questo tempio siete voi [18].
A fronte di tali idee come potea più reggere e tenersi in piedi l'antico abuso pagano di considerar l'individuo come semplice mezzo della grandezza e prosperità dello Stato? La persona umana spiegò dimensioni più vaste di quello che abbracciar potesse e circoscrivere un ordin qualunque che terminavasi ai soli interessi terreni, e periva col perire dei secoli. Il potere civile restò per necessità limitato, non fu più una signoria, ma un semplice ministero, e il suo depositario apparve non più che un incaricato di Dio, costituito per mantener l'ordine sulla terra ed essere un difensore armato delle sue leggi: Dei enim minister est; vindex in iram ei qui malum agit [19].

III.

Ma che dico il potere civile? Il domestico altresì venne per conseguente ristretto. L'uomo tartassato ed oppresso nella società, se ne compensava nella famiglia, diventando quivi tiranno alla sua volta. È nota l'ampiezza illimitata del potere paterno presso la nazione più incivilita dell'antico mondo, nella quale il padre poteva a talenta diseredare il figliuolo, venderlo, ucciderlo, farne quel governo che più gli aggradava. L'invilimento poi della donna, salve pochissime eccezioni, era giunto a tale nel gentilesimo, che essa più non sembrava l'onesto conforto dell'uomo, la consorte così de' suoi beni, come de' mali; ma un essere essenzialmente inferiore, un animale da razza e da trastullo. Tal era la sua condizione nella prisca [= antica N.d.R.] coltura, e tal'è tuttavia presso i popoli non ancora illustrati dalla luce del Cristianesimo. Non accade che accenni alla condizione de' servi, i quali spogli affatto d'ogni diritto e personalità umana non distinguevansi nella estimazione dai bruti. Essi non avevano nè proprietà, nè famiglia, nè diritto a vivere. Che più? Eran privati perfino della tutela de' Numi, perchè i Patrizî dicevano che i Numi eran loro.
La nuova idea evangelica disfece ed annientò errori così assurdi e funesti; verso i quali la sapienza umana lungi dal protestare erasi dichinata sino a farsene complice. Il sopruso del potere paterno sui nati fondavasi nel disorbitante concetto che aveasi della paternità, dai romani foggiato sul tipo del potere civile, di già viziato e tirannico come più sopra è detto. Uopo era reciderne il soverchio e ridurlo entro a giusti confini. A ciò fare niente meglio valea che l'idea d'una paternità più eccelsa, da cui l'umana si derivasse, e rispetto alla quale ella tenesse un luogo secondario e subordinato. Uno è il Dio e il padre di tutti, che impera sopra di tutti: Unus Deus et pater omnium, qui est super omnes [20]. Da lui ogni altra paternità si denomina: ex quo omnis paternitas in coelis et in terra nominatur [21]. Non vogliate chiamarvi padre sulla terra, perocchè uno è il padre vostro, e questi è nei cieli; patrem nolite vocari super terram, unus est enim pater vester qui in coelis est [22]. Non è mestieri il dire quanto una tale dottrina venisse a limitare la patria podestà nel tempo stesso che nobilitavala, esaltandola al grado di vicaria di Dio. E veramente qual uomo avria più osato disporre a volontà del figliuolo, quando intendeva appartener quello al diritto d'un Padre divino, di cui egli non era in terra che semplice rappresentante? Da siffatto principio dovea ogni padre di necessità inferire le sue parti altro non essere che di allevare il figliuolo secondo l'indirizzo e la norma del padre supremo, nè mai potersi opporre a ciò che il beneplacito di lui richiedesse.
La donna poi; rappresentata come coerede della stessa vita di grazia, si trovò rimessa nel seggio che le spettava di compagna dell'uomo. La inferiorità delle forze, la quale era stata cagione che questo frale sesso cadesse in tanto vilipendio, si convertì anzi in motivo per cui le si dovesse più onoranza e maggiori riguardi. Come appunto farebbesi con un vasellino di porcellana, che quanto è più fragile e più gentile, tanto più si tiene caro e con più cura si custodisce. Viri similiter cohabitantes secundum scientiam quasi infirmiori vasculo muliebri impertientes honorem, tamquam cohaeredibus gratiae vitae [23].[I Pt. III, 7: «E anche voi, o mariti, convivete con saggezza con le mogli e rendete loro onore come a vaso più fragile, essendo anche le donne coeredi della grazia della vita» (Ricciotti). N.d.R.]
Da ultimo ridotti tutti alla condizione di fratelli, vos fratres estis [24], non potea più innanzi durare l'orrida differenza di schiavi e di liberi, nè continuarsi l'abbiezione profonda in che i servi gemevano sotto il tirannico signoreggiare de' crudeli loro padroni. Tutti siete figliuoli di Dio per la fede che è in Cristo Gesù. Non vi è più Giudeo nè Greco; non vi è più schiavo libero; non vi è più maschio nè femmina. Imperocchè tutti siete una sola cosa in Cristo:  Omnes..... filii Dei estis per fidem, quae est in Christo Iesu. Non est Iudaeus neque Graecus; non est servus neque liber; non est masculus neque foemina. Omnes enim vos unum estis in Christo Iesu [25]. L'abolizione della schiavitù era la necessaria, ineluttabile conseguenza di questa sublime teoria, nè veruna forza mortale saria bastata ad impedirla. Potea ritardarsene più o men lungamente il compiuto adempimento per le contrastanti passioni dell'egoismo; ma l'effetto alla fine dovea seguire. L'affrancamento totale dell'uomo dall'ingiusto servaggio ora proclamato a nome di Dio, a nome d'una religione che dovea interamente trionfare del paganesimo, era fondato sopra l'idea sublime d'una medesima redenzione per tutti, d'una stessa speranza che tutti egualmente conforta, di un'adozione comune che tutti del pari nobilita. La cagione era posta, non potea ricusarsene la potente efficacia; il definitivo trionfo della libertà evangelica era assicurato nel mondo.
Allora potè mirarsi (spettacolo non pri[m]a veduto) un Apostolo delle nazioni, sulle cui spalle pesavano le cure e le sollecitudini di tutte le Chiese, credersi in debito non sol d'occuparsi d'uno schiavo rubatore e fuggitivo, ma scrivere di proprio pugno al padrone di lui Filemone, acciocchè non pure gli perdonasse ma con ogni amorevolezza lo accogliesse in qualità di fratello. E di quali termini si vale egli, Dio buono! Benchè io abbia fiducia in Cristo di poterti comandare, nondimeno amo meglio pregarti; io Paolo omai vecchio, di più prigione [= prigioniero N.d.R.] ora per Gesù Cristo. Ti supplico adunque pel mio figliuolo Onesimo, che io ho generato nelle catene. Tu ricevilo come mie viscere. Iddio permise che ei si fuggisse da te per breve tempo, acciò tu lo ricuperassi eternalmente. Ora ricevilo non più come servo, ma come fratello carissimo. Se mi hai per amico e compagno, accogli lui, come accoglieresti me. Se egli ti è debitore di alcuna cosa, o in alcuna cosa ti ha danneggiato, reputalo a me. Io Paolo ti scrivo di propria mano [26].
Tre cose rendean vile l'uomo prima del cristianesimo: la condizione, la povertà, la debolezza. Quanto al primo di questi capi ho mostrato praticamente, con la lettera dell'Apostolo testè citata, qual mutamento d'idee si producesse. Rechiamo un esempio per gli altri due. Aprite il Vangelo di S. Luca al capo XVI, e leggete. Vi si narra di un ricco che vestito di porpora e bisso, gioiante ogni dì banchettava splendidamente. Al contrario un mendico giaceva fuori la soglia di quella opulenta casa, pieno d'ulceri da capo a piè e desioso di satollarsi dei bricioli che cadeano dalla mensa dello sfondolato Epulone, e questi ancora gli eran disdetti; solo i cani, di quel crudo men crudi venivano a lambirgli le piaghe. Ora avvenne che ambidue si morissero in un bel giorno; ed ecco il povero assunto per le mani degli Angeli nel seno di Abramo, ed il ricco gittato a tormentar nell'inferno. Quinci egli sollevando gli affannati occhi pieni di rimorso invidiava alla sorte del male da lui vilipeso mendico, e chiedeva mercè d'una stilla d'acqua che gli rinfrescasse la, lingua. Ma replicogli Abramo: ti ricorda, figliuolo, aver tu goduto in vita di molti beni, e questi per contrario patito di grandi mali. Ben è che rimutate le sorti egli ora si bei, e tu ti doglia. Vedete novello aspetto in che si mostran le cose! Vedete l'immensa luce di cui s'ammanta la povertà!
Ci ha cosa più frale e meno rilevante agli occhi carnali che un tenero bamboletto? Sappiamo il conto in che l'ebbe il paganesimo, permettendo l'aborto e la esposizion de' neonati, la quale anzi non peritavasi di comandare, qualora si prevedessero inutili alla prosperità dello Stato. Or mirisi in qual pregio il Vangelo vuol che si tenga. Fa Cristo venire a sè un pargolo, e tenendolo tra le sue braccia: chiunque, così dice, accoglierà uno di questi fanciulli, accoglie me stesso [27]. E guardatevi dal dispregiare alcuno di questi parvolini, imperocchè essi sono in tutela di Angeli del continuo presenti al cospetto del Padre mio: Videte ne contemnatis unum ex his pusillis; dico enim vobis quia Angeli eorum semper vident faciem Patris mei qui in coelis est [28].
Rabbellita l'umanità del nuovo decoro che recavale l'idea cristiana, niuna frazione potè trovarsene, per inferma e piccoletta che fosse, la quale non apparisse degna d'altissimo rispetto, siccome elevata ad un ordine superiore e divino.

IV.

Senonchè a rendere efficace duratura la grande opera, ei non bastava un semplice rivolgimento ideale. I disordini da noi avvertiti radicavansi profondamente nei costumi, nelle consuetudini, negli abiti inveterati, negli ordini stessi sociali. Essi originariamente nascevano dall'idolatria verso lo Stato, e lo Stato era non solamente un'idea ma una istituzione concreta e reale. Il principio adunque ristauratore dell'umana personalità non dovea fermarsi nella sola sfera ideale, ma dovea prendere consistenza al di fuori eziandio della mente, attuarsi in certa guisa e sussistere in ordinamenti esteriori e visibili, che avessero azione reale, atta a contrabilanciare e reprimere l'efficacia del suo contrario.
Ciò fu effettuato dal Vangelo colla creazione dell'autorità ecclesiastica, distinta, separata, indipendente dal potere civile. Nella coltura pagana lo Stato era tutto. Esso assorbiva in sè solo tutto il governo degl'individui; pretendea regolarne non solo gl'interessi materiali, la sua temporale prosperità, ma il pensiero eziandio, la coscienza, la morale, e dominar tutta quant'ella era la esistenza dell'uomo. L'impero s'immedesimava col sacerdozio, e noi vedemmo i superbi Cesari essere ad un tempo sovrani e pontefici. L'onnipotenza dello Stato era giunta al suo colmo, e a chi lo rappresentava ordinavansi perfino divini onori. Non puoi non stomacarti nel mirar tra gl'Iddii non pure un Giulio o un Augusto,  ma ancora un Tiberio, fiero e sporco tiranno, e rizzarglisi tempî e dedicarsegli altari, e festeggiarsene il nome con sacri riti e religiose ceremonie.
Allora fu che il sassolino spiccatosi dal monte, senza opera di mano d'uomo, venne a colpir nella base su cui appoggiavasi il gigantesco simulacro, ed atterratolo l'infranse, lo stritolò, e al vento ne disperse la sozza polvere. Un nuovo Pastore, investito d'autorità direttamente dal cielo, ebbe la missione di raccogliere in un solo ovile le sbrancate e stanche pecorelle, pasturarle dei lieti pascoli della verità e dell'amore, difenderle colla sua vigilanza dalle mortifere zanne dei fieri lupi.
L'autorità spirituale, vita ed anima della Chiesa di Cristo, tra gl'innumerevoli beni che arreca, ha questo di singolare, di magnifico, di sommamente benefico, che essa vale mirabilmente a tutelar gl'individui umani dall'ingiusta invasione di qualsiasi prepotenza terrena. Considerata sotto questa civile veduta, essa è la guarentigia vivente, la salvaguardia concreta ed operosa della dignità personale dell'uomo, dei diritti che gli competono come essere morale, non limitato alla sola durata del tempo, alle sole funzioni della vita organica. Fino a tanto che essa starà in piedi,  l'assorbimento dell'individuo nella massa sociale, la perdita d'ogni suo valore assoluto in faccia alla potenza della Stato non è più possibile, di necessità convien che lo Stato rientri e si tenga nel solo cerchio delle sue attribuzioni. La sua potenza indeclinabilmente viene a limitarsi, tostochè fuori di lei si erige un altro potere, rivendicante a sè il governo degli umani individui, in ordine ad una destinazione più alta, e che di tal diritto offre titoli più elevati, i quali dallo Stato in niuna guisa dipendono.
Non può a meno allora che non apparisca in modo lampante e cospicuo non potersi tutto l'uomo restringere al solo ben essere di quaggiù, comechè collettivo e politico; e quindi è tolta al potere civile la balìa di soprusare il proprio diritto col fare colà convergere unicamente tutte le forze individuali. Se un'autorità diversa, essenzialmente distinta, d'origine superiore, s'eleva di fronte all'autorità civile, attribuendo a sè per commissione divina il reggimento dell'uomo in ordine alle sue più vitali credenze, alla forma de' suoi costumi, allo scopo oltramondano a cui mira ultimamente la sua esistenza; egli è chiaro più che la luce del sole l'uomo essere qualche cosa di più che un semplice frammento del civile edifizio, la sua vita morale distinguersi dalla sua vita fisica, il suo ultimo fine non potersi immedesimare collo scopo politico della comunanza di cui fa parte. Che per[ci]ò promulgato una volta il potere spirituale della Chiesa, l'onnipotenza dello Stato, sia che in uno o molti s'incarni, ha ricevuto un colpo mortale ed irreparabile. Essa rovina da fondamenti, e con essa crolla del pari ogni altra autorità subalterna che volesse arrogarsi il diritto di sottomettere a sè tutto l'uomo.

IV.

Questa quanto vera altrettanto sublime considerazione ti conduce agevolmente a comprendere il perchè dei furiosi sforzi che in ogni tempo si fecero dall'umana politica per manceppare e sottomettere a sè la Chiesa. Passati tre secoli di sanguinosa persecuzione, in cui tanto più fiero contrasto la mondana politica opponeva,  quanto che vedevasi strappar di mano quello di che già era in possesso, non rifinò mai in appresso di ritentare il conquisto dello scettro che avea perduto. Dopo il pio Costantino, fin dai tempi di Costanzo, di Valente e degli altri imperatori ariani ribollì l'antico sdegno, che poi trapassò nel basso impero,  invase i nuovi Cesari di Occidente, avvelenò le corti europee dell'andato secolo, e vien accolto oggigiorno qual avito retaggio dal moderno liberalismo.
Quinci ancora puoi intendere l'alta cagione onde per contrario la Chiesa si mostra sì ferma contro l'ingiusta pretensione, e con indomabil costanza cerca di tener saldi ed inviolati i diritti della propria indipendenza. La portentosa ignoranza di chi dandosi voce di filosofo, non ne possiede che la sola alterigia, non sa vedere in questo operar della Chiesa che l'effetto dell'egoismo e ambizion del dominio. Ciechi o maligni! È quello anzi l'effetto d'un sacrosanto dovere e d'un immenso amore per l'uomo. L'influenza della Chiesa nel migliorar la sorte dell'individuo umano e ridonargli la nativa sua dignità saria stata di niun valore, se non avesse sciolto e distrutto il concentramento di ogni poter nello Stato;  nè potea produrre sì grande effetto, se non costituendosi appetto a lui potenza libera, ed indipendente. Testimonio lo scisma greco; il quale sebben non abbia subìti i pericoli e le lotte che incontrò e sostenne la Chiesa cattolica, contuttociò niente valse ad operare in benefizio dell'uomo, appunto perchè staccatosi dal gran tronco della Chiesa universale si lasciò imporre il giogo dagl'imperadori d'Oriente e spogliarsi della propria autonomia.
Sotto un tale riguardamento il vero salvatore della civiltà europea si fu Gregorio VII. Per astuta sorpresa gl'imperadori teutonici, tralignando dallo spirito di Carlo Magno, erano giunti a tramutarsi da difenditori della Chiesa in assoluti padroni, e col pretesto delle investiture disponevano a talento dei primi seggi della Gerarchia Ecclesiastica, inceppando così tutta l'azione del Sacerdozio. Ma Iddio che avea promesso di non abbandonar giammai della sua assistenza quella colonna del vero, che avea stabilita eternalmente per luce e sostegno delle nazioni, in tanta bisogna di lei suscitò un uomo, unico al mondo, l'intrepido Ildebrando, e prodigiosamente sollevatolo al sommo onor delle Chiavi, il contrappose alla superba potenza del secolo. Son noti gli atroci conati, i terribili scontri, le accanite lotte, che oppose la forza materiale di Cesare, per elidere e soverchiare la virtù spirituale del Pontefice, che spodestavalo dell'ingiusta usurpazione. Nè senza un evidente miracolo avria questa potuto riportarne il disopra. «Son tali e tanti, così Gregorio scriveva ad un suo fido, i travagli, le pene, gli assalti che io duro, che l'umana fralezza vien men ed io mi sento sgagliardito e vedovo d'ogni coraggio. Ma come prima sollevo la mia mente al cielo, io sento tosto infondermisi un incredibil vigore, ed ogni ostacolo mi sparisce dinanzi. Certamente io sembro a molti un prodigio; ma tu sei, o Signore, che mi conforti dall'alto: tanquam prodigium factus sum, multis, et tu adiutor fortis [29]
Un uomo eloquente ed erudito, ma che dello spirito della Chiesa cattolica mostra di avere quella conoscenza che ne avrebbe un letterato cinese il qual leggesse la storia del cristianesimo, ragionando di questo gran fatto cade in vergognosissimo errore. Egli afferma il pensier del magnanimo Ildebrando non altro essere stato che la teocrazia assoluta, la sottomissione del mondo al clero, e del clero a1 papato [30]. Da uno sbaglio traboccando agevolmente in un altro, riesce a conchiudere che Gregorio fallì allo scopo propostosi, e che da quel tempo s'iniziò l'affrancamento dello Stato dalla Chiesa.
Chi ode cotali cose crederebbe che sotto Enrico il Nero, quando cominciò a farsi sentire l'azion d'Ildebrando, comechè non ancora Pontefice, non era la Chiesa che gemea sotto il giogo dell'impero, ma l'impero che gemeva sotto il despotismo della Chiesa; e che il trattato definitivo, col quale si pose termine alla lotta e si conseguì l'intento di Gregorio, contenesse non la rinunzia degl'imperadori a regolar gli affari della Chiesa, ma la rinunzia de' Pontefici a regolar gli affari dell'impero.
Qual sia stata l'idea d'Ildebrando niuno può meglio saperlo della Chiesa stessa, consapevole al certo de' fatti suoi. Or ella solennemente la espresse nella preghiera che indirizza a Dio nella solennità di questo gran santo, riducendo a breve formola tutti i suoi pensieri, tutto il suo operare. «Dio, fortezza di coloro che sperano in te, tu che il B. Gregorio tuo confessore e pontefice avvalorasti della virtù della costanza per difendere la libertà della Chiesa, dacci di poter col suo esempio e colla sua intercessione superar fortemente tutte le avversità della vita.» La libertà dunque della Chiesa, ecco la grande idea di Gregorio VII. L'invitta costanza nel propugnarla, ecco in compendio tutto il suo eroismo. Confrontando questa formola con tutti gli atti della sua carriera mortale, si scorgerà convenire con essi a capello; e togliendone ragguaglio rispetto all'esito, si vedrà che il monaco Ildebrando colla spirituale sua forza, riportò piena vittoria della potenza materiale dei Cesari; perocchè dalla sua epoca data veramente la piena emancipazione del sacerdozio dall'autorità laica, e da quell'ora in poi le podestà della terra poteron comprendere quanto lor fosse duro dar di cozzo in quella immobile pietra sulla quale Cristo fondò la sua Chiesa.

V.

Sembra tuttavia fatale che la materia non voglia persuadersi di questa sua impotenza, e noi vedemmo in appresso sotto diversa forma rinnovellarsi l'inutile tentativo di sottoporre la Chiesa allo Stato. Memorevole fra gli altri fu la seconda metà dello scorso secolo, quando il paganesimo politico rigenerato da' sofisti di quel tempo si traforò nelle Corti d'Europa e scippò ogni loro vigore nella sacrilega impresa di mancipare la Chiesa e restringerne a più potere i diritti. Sperava l'autorità terrena di tornar così bel bello ad appropriarsi l'antica onnipotenza, di che godeva nel gentilesimo, e stringere nella sola sua mano il governo di tutto l'uomo. Follia incredibile e disastrosa! Non s'avvedeva egli lo Stato, che introdotta una volta dal Cristianesimo la restrizione del potere civile, affrancato una volta dal suo despotismo lo spirito degl'individui, prodotta una sì profonda e radicale modificazion di principî, il concentramento che agognava non era più fattibile per modo alcuno? L'uomo era omai reso capace della sua dignità personale, nè avria più comportato ch'essa fosse calpesta da un potere illegittimo, e che i suoi diritti venissero assorbiti nel gran tutto sociale. Sottratto dal potete sacerdotale, non per questo tollererebbe di venir sottoposto al laicale; quando la stessa ragionevolezza che scorgeva nella prima soggezione, gli diventava cagione per riprovare e fuggir la seconda. L'usurpazione che sotto a suoi occhi consumavasi dalla società sulla Chiesa, lungi dal renderlo obbediente all'autorità invaditrice, gli porgeva anzi esempio di ribellione e di riscossa. Udendo dir dalla Stato: non più potere ecclesiastico; sentivasi invitato a ripigliare: non più potere civile. Per l'uno e per l'altro, valeva la stessa causa della natural ripugnanza a tollerare l'altrui correggimento. Senonchè laddove nello Stato questa ripugnanza era irragionevole e passionata rispetto alla Chiesa, nell'individuo riguardo allo Stato avea di ragione non poca apparenza. Imperocchè quanto era giusto che gl'individui e lo Stato si lasciassero reggere dalla Chiesa in ciò che riguarda credenze e costumi, tanto era ingiusto che rispetto agl'individui lo Stato sottentrasse a usar de' diritti che esso empiamente rapiva alla Chiesa. Così la rivolta politica, la dissoluzion de' governi civili, era la natural conseguenza della sacrilega usurpazione, e le corti regie senza saperlo lavoravano alla propria ruina.
Se avessero orecchi da sentire e senno da intendere, quali e quanti utilissimi insegnamenti non dovrebbero di qua togliere quei governanti, che con insensato odio avversano la libertà della Chiesa. Segnatamente il dico per quegli Stati professanti liberalismo, presso i quali sembra che cerchi un ultimo asilo il cieco furore contro la podestà e l'influenza sacerdotale per rinnovare l'antica guerra. Che cosa possano impromettersi da questo loro empio disegno l'imparino dalla storia.
Dove sono i sì potenti nemici che pel corso di tanti secoli si levarono l'un dopo l'altro a combatter la Chiesa? Caddero gl'imperadori pagani; cadde il basso impero; perirono i Cesari di Germania; si sciolsero come sale nell'acqua gli ultimi regni; finì nella polvere il superbo conquistatore, il quale quanto maggior macchina era, con tanto più strepitoso tonfo precipitava. Nel mentre che la Chiesa in mezzo a tante sconfitte de' suoi nemici, a tante rovine di regni, a tanti sperperamenti di nazioni, salda ed incrollabile a traverso dei tempi s'inoltra nel suo trionfale cammino, rendendoti simiglianza del noetico legno, che solo nel naufragio di tutti, baldo e securo galleggiava sulle onde dell'allagato universo.
Oh se si specchiassero in questi esempî i governi! Ma se essi non son prudenti a comprendere il loro meglio, il siano i popoli a capire dove alberga la loro salvezza. Non si lascino trappolare stolidamente dalle magagne di perfidi macchinatori. Non obliino (chè l'oblio sarebbe mortifero) nella Chiesa aver essi un'immensa e preziosa guarentigia della lor libertà e indipendenza personale, e la sola Chiesa esser valevole a conservare nel giusto equilibrio gli opposti diritti di ciascheduno. Non comportin giammai che lo Stato assuma, se non il titolo, l'ufficio di Pontefice con gentilesco ardimento. Poco monta del nome, quando trattasi della cosa. Scemando l'autorità della Chiesa, il poter temporale ne usurpa a poco a poco le parti, e questa usurpazione ricondurrà il servaggio pagano degl'individui e il loro assorbimento nella massa sociale. Non s'illudano al bagliore delle apparenze, alle lusinghe di scaltrite promesse, alle viste di forme di reggimento più libero; guardino al fondo, alla sostanza del principio politico che sotto vi si nasconde. Dove esso è essenzialmente pagano, forza è che sia essenzialmente tirannico. L'illazione non può fallire, posto il principio; gittato il seme, tosto o tardi uopo è che la pianta germogli. Sarebbe stoltizia sperare di conservarsi illesa l'acquistata libertà, invocando l'efficacia di quel principio che produsse il servaggio. Ogni cosa non può vigorire o crescere se non per le stesse cagioni onde prima trasse l'origine. Se la sola Chiesa operò l'affrancamento della personalità umana, essa sola potrà mantenerla e farla fiorire.
O vera città di Dio! molte cose gloriose sono state dette di te: gloriosa dicta sunt de te, civitas Dei [31]. Ma questa per avventura non è l'ultima, dell'aver tu sola saputo ristorare la dignità dell'umana natura, non pur ritogliendola dall'ontosa abbiezione in cui era caduta, ma sollevandola ad un ordine superiore di gloria. Possa il tuo lume rifulgere sì agl'infoscati occhi de' mortali, ch'essi ne ravvisino i celesti splendori e ne sentano la viviticatrice potenza. Lo spirito umano è tormentato da un immenso bisogno di credere, di sperare, di amare. Chi potria soddisfarlo meglio di te, che sola possiedi con pienezza la verità, sola prometti un bene inesausto non mai perituro, sola t'adorni d'ogni più varia e squisita bellezza.
[CONTINUA]

NOTE:

[3] Epist. I. Ioan. c. 3.
[4] Ibidem.
[5] Ad Ephes. c. 1.
[6] At ubi venit plenitudo temporis misit Deus filium suum.... ut adoptionem filiorum reciperemus. Ad Gal. c. 4.
[7] 1. Petri c. 1.
[8] I. Petri c. 2.
[9] Ite nuntiate fratribus meis. Matt. 28.
[10] Vos autem dixi amicos, quia omnia quaecunque scivi a Patre meo nota feci vobis.
[11] Ad Rom. 8.
[12] 1. Petri 2.
[13] Non estis vestri; empti enim estis pretio magno. 1. Cor. 6.
[14] 1. Petri 2.
[15] Accessistis ad Sion montem et civitatem Dei viventis,  Ierusalem caelestem et multorum millium Angelorum frequentiam ... Ecclesiam primitivorum. Ad Haebraeos c. 12.
[16] Nescitis quoniam corpora vestra membra sunt Christi? 1. Cor. 6.
[17] An nescitis quoniam membra vestra templum sunt Spiritus Sancti ... Glorificate et portate Deum in corpore vestro. 1. Cor. c. 6.
[18] Nescitis quia templum Dei estis, et Spiritus Dei habitat in vobis? Si quis autem templum Dei violaverit, disperdet illum Deus. Templum enim Dei sanctum est, quod estis vos. 1. Cor. c. 3.
[19] Ad Rom. c. 13.
[20] Ad Ephes. 4.
[21] Ib. 3.
[22] Matth. 23.
[23] I Petri c. 3.
[24] Matth. 23.
[25] Ad Galat. 3.
[26] Epist. B. Pauli Apost. ad Philemonem. Multam fiduciam habens in Christo Iesu imperandi tibi quod ad rem pertinet: propter charitatem magis obsecro, cum sis talis ut Paulus senex, nunc autem et vinctus Iesu Christi. Obsecro te pro filio meo Onesimo, quem genui in vinculis. . . . Tu autem illum ut mea viscera suscipe. . . . Forsitan enim ideo discessit ad horam a te, ut aeternum illum reciperes, iam non ut servum sed pro servo carissimum fratrem. Si ergo habes me socium, suscipe illum sicut me. Si autem aliquid nocuit tibi aut debet; hoc mihi imputa. Ego Paulus scripsi mea manu etc.
[27] Et accipiens puerum statuit eum in media eorum; quem cum complexus esset, ait illis: Quisquis unum ex huiusmodi pueris receperit in nomine meo, me recipit. Marc. c. IX.
[28] Matth. c. XVIII.
[29] Voigt Storia di Gregorio VII e de' suoi contemporanei.
[30] L'idée dominante de Grégoire VII avait été de soumettre le monde au clergé, le clergé à la papauté, l'Europe à une vaste et régulière théocratie. Guizot Histoire de la civilisation en Europe, leçon X.
[31] Psalm. LXXXVI.

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